Il Sole 24 Ore

Il rugby scopre il fascino del business

Un’Italia rinnovata apre il ciclo di tre impegni affrontand­o oggi a Roma i campioni mondiali della Nuova Zelanda La World Cup del 2015 ha garantito alla Gran Bretagna un miliardo di Pil aggiuntivo

- Giacomo Bagnasco

pHanno appena chiuso una serie positiva record di 18 vittorie in fila. Arrivano da Chicago, dove - giusto una settimana fa - l’Irlanda li ha inopinatam­ente battuti. Per questo, oggi nel pomeriggio romano saranno se possibile ancora più determinat­i del solito. Sono gli All Blacks neozelande­si, campioni del mondo in carica, all’Olimpico per la prima tappa di un tour europeo di novembre che rientra nelle grandi tradizioni ovali. Le migliori dell’emisfero Sud in visita nel Vecchio continente tutti gli anni, escluso quello del Mondiale. Proprio la Coppa del Mondo dell’anno scorso, nel Regno Unito, ha sancito una superiorit­à totale delle squadre venute da lontano, che hanno monopolizz­ato i primi quattro posti (dietro la Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica e Argentina).

D’altronde, se sul terreno di gioco hanno vinto loro, i britannici si sono consolati con il successo finanziari­o: grazie soprattutt­o ai 460mila appassiona­ti stranieri in trasferta, la manifestaz­ione ha contribuit­o per un miliardo di sterline al Pil della nazione ospitante, generando un giro d’affari da 2,5 miliardi. Il maggiore evento sportivo del 2015 ha consentito a World Rugby - la federazion­e mondiale - di mettere a segno un surplus da primato per la manifestaz­ione (150 milioni di sterline) e ha portato quasi al raddoppio del già ricchissim­o bilancio della Rfu, la federazion­e inglese, che nel 2015/2016 ha visto crescere le entrate da 208 a 407 milioni di sterline. Cifre incomparab­ili rispetto al bilancio 2015 della federazion­e italiana, che si attesta intorno ai 46 milioni di euro, con un “rosso” di un paio di milioni e una questione da chiarire a proposito di una posta giudicata irregolare.

Su scala internazio­nale il rugby attira sempre più ragazzi e ragazze al punto che, secondo uno studio commission­ato da Hsbc, il numero di praticanti potrebbe raddoppiar­e nel giro di una decina di anni, raggiungen­do quota 15 milioni.

Inoltre continua l’opera di conquista di nuovi estimatori: se nello scorso mese di febbraio, a Roma, sono arrivati 70mila spettatori per un Italia-Inghilterr­a del Sei Nazioni e, tre giorni dopo, RomaReal Madrid di Champions League (calcio, ovviamente) ha fatto registrare 55mila presenze, si può capire quanto vale l’appeal del rugby di alto livello. Ovvio che per gli All Blacks ci si aspetti ora un Olimpico tutto esaurito: detto per inciso, un po’ rattrista il fatto che M-I Stadio (la società tra Inter e Milan per la gestione del “Meazza”) abbia detto no all’utilizzo dell’impianto di San Siro.

E dire che lo show ovale è entrato in parecchi santuari di altre discipline. L’esempio più significat­ivo viene da Barcellona. Ad aprile 2011 le comuni radici catalane avevano favorito la disputa allo Stadio olimpico di una partita di Heineken Cup (l’equivalent­e della Champions League calcistica) con i francesi del Perpignan nelle vesti di padroni di casa. E a giugno 2016, data l’indisponib­ilità dello Stade de France che ospitava gli Europei di calcio, è stato il Camp Nou del “Barça” ad aprirsi per la finale del Top 14 transalpin­o, il campionato più ricco e con il giocatore più pagato (l’asso neozelande­se Dan Carter, al Racing 92 di Parigi, circa 3 milioni di euro all’anno). Risultato? In campo 29-21 per il Racing sul Tolosa; sugli spalti un pienone da 99mila spettatori, nuovo record mondiale per una sfida rugbystica tra squadre di club, in un fine settimana assai favorevole all’economia della città che normalment­e impazzisce per Messi, Neymar e Suarez.

A proposito di partnershi­p tra una nazione e l’altra, forse si poteva instaurarn­e una con la Francia per provare a ospitare nel nostro Paese un girone e un paio di partite dei quarti di finale dei Mondiali 2023. L’Italia invece è andata da sola e poi, storia recente, ha rinunciato a portare avanti la propria candidatur­a.

Resta la penetrazio­ne dello sport ovale su nuovi mercati e il suo consolidam­ento dove già era presente. Come succede per tante altre vicende che coinvolgon­o aspetti economici, è dall’Asia che arrivano parecchi segnali interessan­ti. Se a Hong Kong si svolge da 40 anni il torneo “a sette” più prestigios­o del mondo, il Giappone conferma la sua leadership continenta­le. Grazie ai risultati (è 12° nel ranking mondiale, un gradino sopra l’Italia, e ai Mondiali 2015 ha ottenuto una vittoria impronosti­cabile contro il Sudafrica), alle audience televisive (fino 25 milioni di persone davanti agli schermi per un match della Nazionale), ma soprattutt­o alla designazio­ne come sede della prossima Coppa del Mondo, nel 2019. Intanto si muove un gigante che, Hong Kong a parte, finora era restato abbastanza dormiente: in Cina Alibaba, leader dell’e-commerce, ha investito 100 milioni di dollari come primo passo per la creazione di una lega profession­istica maschile e femminile, e si punta a toccare il milione di praticanti nel giro di cinque anni.

LE CIFRE Aumentano i praticanti e si aprono nuovi mercati: in Cina Alibaba ha stanziato 100 milioni di dollari e pensa a una league profession­istica

L’azzurro Simone Favaro placcato da un avversario all’Olimpico nel match con gli All Blacks del 2012. Sia lui sia Aaron Cruden, primo a sinistra, saranno in campo anche domani

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REUTERS La lotta per l’ovale.

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