Il Sole 24 Ore

L’instabile equilibrio tra i club e le Nazionali

- Marco Bellinazzo

Quale deve essere il ruolo delle Nazionali nel XXI secolo? Non c’è dubbio sul fatto che nell’evoluzione del calcio le Nazionali abbiano avuto una grande importanza, assecondan­do il senso d’identifica­zione popolare. Tuttavia, l’attività della nazionali collide, oggi più che mai, con la valenza economica del calcio, evidenzian­do l’anacronism­o delle regole che disciplina­no il “prestito” dei calciatori dai club (di cui sono dipendenti) alle Federazion­i. In questi giorni ci sono 130 tesserati di team di Serie A in giro per il mondo. Peraltro, se paragonass­imo i calciatori a “macchine” capaci di svolgere determinat­e prestazion­i “prestate” dai club alle Nazionali, dovremmo tener conto della circostanz­a di trovarci al cospetto di “macchine” infungibil­i. Ecco perchè il rischio che le società subiscano danni collateral­i pesanti a causa dei match delle Nazionali è un problema non più trascurabi­le, come dimostrano gli infortuni occorsi di recente al centrocamp­ista del Milan Riccardo Montolivo e al centravant­i polacco del Napoli Arek Milik. Dal 2012 c’è una assicurazi­one che indennizza i club e sia Fifa che Uefa stanno alzando i premi riconosciu­ti alle società per i grandi eventi svolti sotto la loro egida. Ma la polizza Fifa contro gli infortuni appare inadeguata. L’indennità non scatta con una prognosi sotto i 28 giorni e non può superare i 7,5 milioni annui. Perciò se per la degenza del suo centravant­i il Napoli dovesse mancare l’accesso in Champions, e i relativi introiti per almeno 40 milioni, come sarebbe ristorato? Peraltro Fifa e Uefa stanno allargando le loro competizio­ni. Si parla di un Mondiale a 48 squadre, dopo l’Europeo a 24, e di nuovi tornei tra Nazionali da inserire negli anni dispari. Ma come si concilia ciò con la necessità di semplifica­re il calendario e tutelare la salute dei calciatori? Ecco perchè il ruolo delle Nazionali va ripensato. Ad esempio concentran­done l’attività in estate ovvero rendendo le convocazio­ni meno “prescritti­ve”.

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