Il Sole 24 Ore

Due certezze dopo Trump: inflazio ne e volatilità

Maggiore spesa pubblica spingerà prezzi e tassi L’azionario favorito rispetto ai bond ma occhio ai livelli S&P

- Andrea Gennai

Da alcuni giorni sui mercati finanziari c’è un nuovo paradigma: e non è una cosa da poco. L’inattesa elezione di Donald Trump alla guida della prima potenza economica mondiale, con la promessa di politiche di rottura rispetto al recente passato, significa un modo diverso di “leggere” Wall Street e a cascata gli effetti si faranno sentire su tuttti i listini mondiali, vista l’elevata correlazio­ne.

Gli operatori probabilme­nte metteranno del tempo per sintonizza­rsi con le nuove frequenze: il mercato in poche ore è passato dal pessimismo cosmico post-elettorale all’euforia per tornare poi sulla strada delle correzione. L’unica certezza è l’aumento della volatilità.

Su un punto sono tutti concordi: negli Usa sono in arrivo tagli alla tasse e più spesa pubblica e questo si tradurrà in inflazione in crescita, tassi e rendimenti al rialzo. E già il mercato si sta preparando privilegia­ndo settori ciclici (finanziari in primis). Il rendimento del Treasury è salito oltre il 2%e a questo punto il rialzo della Fed a dicembre è molto probabile. Tutto questo funzionerà in futuro, per l’azionario, solo in presenza di una crescita robusta.

Secondo M&G Investment­s, «gli asset sensibili all’inflazione andranno meglio di quelli esposti alla defla- zione. Gli strumenti finanziari sono destinati a sottoperfo­rmare sia le commodity che gli immobili, in un mondo in cui i politici stanno giocando la carta del populismo».

Poi c’è l’Europa. In questi giorni le Borse del Vecchio Continente si sono mosse sull’onda della reazione alle elezioni Usa, confermand­o ancora una volta che non vivono di luce propria. Ma sull’Europa pesano più incognite che negli Usa. M&G ricorda che sono in arrivo «sfide notevoli sul piano politico nei prossimi dodici mesi. Se quest’anno ci ha insegnato qualcosa è che dobbiamo aspettarci l’inaspettat­o». Il prossimi dossier sono il referendum italiano del 4 dicembre e su come sarà gestita la Brexit (si vedano gli aricoli alle pagine 6 e 7). «Nell’immediato post-elezioni — sottolinea Nadège Dufossé, head of asset allocation Candriam Investors Group — ci aspettiamo una sovraperfo­r- mance dell’azionario Usa rispetto al resto del mondo, Europa inclusa. Le valutazion­i delle azioni europee rimangono comunque attraenti, elemento che potrebbe supportarl­e a medio termine».

Riflettori puntati su Wall Street per capire quali sono i livelli tecnici da tenere sott’occhio, visto che sui fondamenta­li siamo entrati in una nuova dimensione che deve essere ancora valutata dagli esperti. «Da un punto di vista puramente tecnico — commenta Francesco Caruso, fondatore del sito di analisi indipenden­te cicliemerc­ati.it — l’S&P 500 si è andato a fermare sul vero grandissim­o supporto che corrispond­e ad area compresa tra 2.060 e 2.030, e il movimento di mercoledì a livello di future lo ha confermato. L’S&P 500 non corre rischi fino a quando resta sopra questi supporti, mentre al di sotto si potrebbe cominciare a parlare di inversione struttural­e. Verso l’alto siamo vicini all’area di resistenza intorno a 2.200 punti».

Il mercato potrebbe muoversi ancora per molto dentro questo range, anche se da un punto di vista stagionale di solito a fine anno si assiste un rally. Ma è un mercato molto difficile. «Aspetterei prima di entrare — continua Caruso —. Comprare adesso con stop sotto 2.060-2.030 è come tirare a testa e croce. Il mercato negli ultimi mesi è in caduta libera di profittabi­lità sulla stragrande maggioranz­a di modelli economici e quantitati­vi. Non esiste un trend stabile. Vinche chi si muove di meno. Chi più si muove rischia di sbagliare e di essere stoppato. Comunque non esiste la possibilit­à che Europa si sganci da dinamiche Usa. Possiamo far meglio solo in maniera temporanea e non in modo struttural­e».

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