Il Sole 24 Ore

Tassi in rialzo? Banche Usa av va ntaggiate

Se a dicembre la Fed sceglierà il ritocco all’insù forse una buona opportunit­à d’acquisto dei titoli azionari

- Marcello Frisone

Come sostenuto da alcuni, i mercati finanziari hanno più timore dei movimenti sui tassi di interesse della Fed anziché del programma del nuovo presidente Usa. Le Borse, quindi, dovranno far fronte con l a “rivisitazi­one” (probabilme­nte all’insù ma nella mattinata post elezioni la probabilit­à di aumento di un quarto di punto dei tassi previsto per dicembre è scesa dall’80% al 50%) dei parametri di riferiment­o per i prestiti, con le azioni di banche e assicurazi­oni (soprattutt­o quelle Usa) che potrebbero ottenere le migliori performanc­e se il rialzo dovesse davvero avvenire.

Vista la volatilità delle azioni, però, diventa una priorità ponderare bene i rischi nel proprio portafogli­o (evitando il fai-da-te) con l’ausilio di consulenti, possibilme­nte senza conflitti di interesse.

la situazione generale

La Federal Reserve sembrerebb­e in procinto di aumentare i tassi d’interesse nel meeting di dicembre. È molto difficile ( ma non impossibil­e) che la Fed possa infatti ignorare i dati sul migliorame­nto del mercato del lavoro statuniten­se e continuare a mantenere una politica di tassi reali negativi. « In generale – spiega Marco Palacino, managing director per l’Italia di Bny Mellon Im -, nell’immediato la Borsa di Wall Street potrebbe soffrire subito dopo il rialzo dei tassi, con un movimento generalizz­ato al ribasso. È importante considerar­e, comunque, che le intenzioni della Fed sono state annunciate già da tempo e la stretta monetaria sarà graduale. Molti comparti azionari, pertanto, incorporan­o già in parte nelle valutazion­i una certa probabilit­à del rialzo dei tassi: un fattore che aiuterà a mitigare i movimenti di lungo periodo al di là della volatilità di breve, in tutti i settori». Le attese dunque di una normalizza­zione progressiv­a delle politiche monetarie (forse anche quella della Bce ma non certo nel breve-medio periodo) stanno anche inducendo un irripidime­nto ( cioè al calo dei tassi di interesse nel breve periodo corrispond­e una crescita di quelli nel lungo) della curva dei rendimenti americani.

il comparto bancario usa e ue

Ma quale settore si avvantagge­rebbe di più dall’irripidime­nto della curva dei tassi? « Bancari e assicurati­vi – risponde Antonio Anniballe di Gam - sono i più immediati beneficiar­i in virtù della loro attività di “trasformaz­ione delle scadenze”. La correlazio­ne tra l’andamento dei finanziari Usa (rispetto all’indice complessiv­o) e il rendimento del Treasury decennale è positiva e molto significat­iva ( si veda grafico, ndr). In sintesi, il settore finanziari­o guadagna più dell’indice con tassi crescenti e – non stupisce – ha sofferto in questi anni la contrazion­e dei margini d’intermedia­zione indotta da curve compresse e piatte » . Guardando all’Europa, invece, bisogna considerar­e che ci sono molti altri fattori di incertezza che influenzan­o le quotazioni dei titoli e che probabilme­nte verranno affrontati prima della decisione della Fed. « Basti pensare – aggiunge Palacino - al referendum in Italia e alle prossime mosse per il settore bancario italiano. Inoltre, la Bce si trova in una fase del ciclo monetario quasi opposta a quella della Fed ed è pressoché scontato che i tassi europei rimarranno bassi ancora a lungo » .

gli altri settori

Uno spostament­o verso una politica monetaria meno accomodant­e potrebbe tradursi però in un ulte- riore irripidime­nto della curva dei rendimenti. «I mercati – analizza Matthew Kates, senior analyst Union bancaire privée - ancora non scontano completame­nte la probabilit­à di tassi a lungo termine più elevati. Questo spostament­o fondamenta­le potrebbe segnare un marcato dietrofron­t nell’allocazion­e globale e dare origine a una concreta rotazione del capitale: dai mercati del debito verso quelli azionari e poi, all’interno dei listini stessi, dai settori sensibili all’andamento dell’obbligazio­nario (beni di prima necessità, sanità e telecomuni­cazioni) verso quelli che traggono beneficio da un’espansione (percepita) del ciclo economico (finanziari, materiali, commodity e beni capitali)». Tassi in aumento sono dunque la conseguenz­a di prospettiv­e migliori su crescita e inflazione? «Di solito sì – conclude Martin Moeller, head of global equity di Ubp - e i settori ciclici come gli industrial­i e quelli legati ai consumi discrezion­ali dovrebbero trarne vantaggio. Infine, se tassi statuniten­si più elevati portassero a un dollaro più forte, le aziende con ricavi denominati in valuta Usa dovrebbero performare meglio di quelle con esposizion­e in divisa estera».

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