Un altro lettore insoddisfatto di Templeton che non risponde
Circa tre anni e mezzo fa mi sono fatto convincere dal mio consulente di banca Unicredit a investire una buona parte dei miei risparmi pari a 250mila euro nel fondo comune Franklin Templeton global total return (codice Isin LU0260870745). Il fondo è un obbligazionario globale con protezione contro il rischio valutario e mi era stato presentato come un fondo estremamente sicuro. Invece in questi tre anni il fondo ha continuato a perdere valore e al momento ci sto rimettendo circa 29mila euro rispetto al valore di partenza che equivale a una perdita del 15% circa. La cosa incredibile è che in questi tre anni analoghi investimenti in Etf obbligazionari globali hanno ottenuto performance positive. Inoltre ho seguito le variazioni giornaliere del valore del titolo e alcune di esse mi paiono assolutamente incomprensibili: come discese di valore in giorni in qui tutti gli indici obbligazionari globali sono in positivo, oppure variazioni giornaliere pari a zero secco: mi chiedo come sia possibile per un portafoglio estremamente diversificato ottenere una variazione giornaliera di zero senza alcun millesimale di differenza. Ho interpellato più volte il mio consulente di Unicredit che si è detto dispiaciuto e meravigliato di tale performance negativa e ha chiesto spiegazioni alla Franklin Templeton Invest. Nessuna risposta convincente mi è pervenuta finora, il che mi fa addirittura venire dei dubbi sulla correttezza dell’operato di detta società. È possibile chiedere a delle autorità superiori di verificare la correttezza dei valori riportati?
Flavio Foltran
(via e-mail)
RISPONDE TEMPLETON
Contattata, oltre un mese fa da «Plus24» la società non ha rilasciato dichiarazioni.
RISPONDE NORISK
Vista l’indisponibilità di Templeton a fare chiarezza rispondendo direttamente ai dubbi del lettore, «Plus24» ha coinvolto Norisk e ha invitato la società di consulenza indipendente ad analizzare l’andamento del fondo sottoscritto dal signor Foltran, tenuto conto anche del fatto che in passato altri lettori hanno posto un medesimo quesito come un’investitrice di Cherasco (To) che vi ha investito tutta la liquidazione, per 175mila euro, sempre su consiglio di uno zelante bancario. Inutile chiedersi se magari le banche abbiano un qualche interesse nel collocare determinati fondi o se siano idee spontanee degli impiegati che invitano i loro clienti a fare investimenti così ingenti su un solo fondo con un orizzonte temporale medio lungo. Lasciamo ai lettori il legittimo dubbio e occupiamoci di analizzare dal punto di vista tecnico il comparto in questione.
«Franklin Templeton Global Total Return Fund è una Sicav molto conosciuta e dalle dimensioni considerevoli, avendo circa 19,5 miliardi di euro di patrimonio. Essa investe in titoli obbligazionari, senza particolari vincoli in termini di tipologia dell’emittente, rating o valuta», spiega Marcello Rubiu analista di Norisk, che ha realizzato l’analisi. Il prodotto effettua una gestione realmente attiva ed il manager del fondo, Michael Hasenstab, è considerato un guru e svolse un ruolo di primo piano nella ristrutturazione del debito ucraino nel 2014, del quale il fondo in oggetto deteneva una notevole quantità.
È importante leggere accuratamente il prospetto del fondo: tra le notizie cruciali si evince che può detenere fino al 10% del valore del portafoglio in titoli in default e fino al 25% in un singolo emittente, persino high yield.
«Morningstar ha classificato il fondo come “obbligazionario globale” e gli ha assegnato un rating elevato (4 stelle, bronze), ma il giudizio non appare supportato dalle performance registrate», afferma Rubiu.
Confrontando il fondo con un Etf sul Barclays Global Aggregate, benchmark di categoria, si può infatti osser- vare come, negli ultimi tre anni, il fondo sia cresciuto in modo simile all’Etf fino a metà 2015, per poi subire una discreta contrazione, mentre l’Etf è aumentato in maniera piuttosto costante. Negli ultimi tre anni, il fondo ha fatto registrare complessivamente un +4% annuo, mentre l’indice replicato dall’Etf ha registrato un +8,2%. Il lettore, pertanto, non può che riferirsi alle perdite sofferte a partire dall’aprile 2015, data in cui è stato raggiunto l’apice del rendimento e rispetto alla quale il fondo scambia ora ad un -13%.
Va sottolineato come il fondo risulti peraltro molto più erratico dell’Etf, come indicato da drawdown max (18,7% contro il 7,1%) e volatilità (15,2% contro il 6,5%). Valori che sono quasi da mercato azionario.
Il fondo non presenta alcuna copertura contro il rischio valutario ed anzi, nel bilancio al 30 giugno 2016, si possono osservare posizioni rilevanti in titoli governativi di Paesi Emergenti quali Uruguay, Brasile, Indonesia e Messico, spesso emessi non in dollari ma in valuta locale.
Il gestore, non appena ha iniziato a registrare performance infelici, sembra abbia incrementato il livello di rischio, amplificando ulteriormente gli esiti negativi.
Il costo del fondo non aiuta: spese correnti annue del 2,12%, da confrontare con lo 0,3% dell’ETF, a cui aggiungere il 3% di costi di entrata (che in buona parte vengono girate ai collocatori).
«Questo esempio mostra come non sia sufficiente visionare le performance passate, per scegliere un fondo attivo, ma anzi sia forse più importante appurare come questi rendimenti passati sono stati ottenuti - conclude Rubiu –. Inoltre, l’appartenenza ad una determinata categoria può risultare fuorviante e il fondo non avrebbe assolutamente dovuto costituire una posizione importante all’interno del portafoglio dell’investitore, considerata rischiosità e stile di gestione. Se si vuole unicamente puntare sulla dinamica del mercato, quindi, meglio optare per un Etf, che replica passivamente l’indice sottostante e che non espone alle scelte di un gestore».