Per gli Etf sintetici il rischio controparte è monitorato
Sono un piccolo risparmiatore che nell’ultimo decennio ha utilizzato gli Etf come principale strumento di investimento. Le ragioni di questa mia scelta risiedono nelle loro tanto decantate qualità: economicità, efficienza, liquidabilità, possibilità di ampia diversificazione, trasparenza (è abbastanza agevole reperire prospetti informativi sulle loro caratteristiche e composizione), e non per ultimo l’azzeramento del rischio emittente e del rischio gestore data l’autonomia patrimoniale. Ho letto che i gestori sono tenuti a depositare i singoli titoli o certificati che hanno il compito di replicare l’indice di riferimento presso una banca terza, e che in ogni caso i valori mobiliari rimangono di proprietà collettiva dei sottoscrittori. Fermo restando la struttura di tale procedimento (obbligatoriamente semplificata per ragioni di spazio), la mia domanda è: qual è l'organismo che effettua i controlli e che certifica la reale esistenza e congruità di questo patrimonio separato? Con che obblighi di frequenza? Alla fine viene emesso un report sull'esito del controllo accessibile a tutti? Fidarsi è bene…. Sapere è meglio.
Il lettore risulta molto informato ed è apprezzabile che conosca approfonditamente le caratteristiche degli strumenti che acquista, cosa tutt’altro che scontata.
«In merito alla domanda è necessario specificare, brevemente, come vi siano due metodologie attraverso cui gli Etf replicano gli indici di riferimento – spiega Marcello Rubiu di Norisk –. Se l’Etf acquista i titoli presenti nell’indice sottostante si parla di replica fisica, che può essere completa se il fondo detiene tutte l e componenti del benchmark con il loro peso relativo oppure ottimizzata/parziale se il fondo detiene solamente alcune delle azioni componenti l’indice; una volta creato questo portafoglio esso viene trasferito presso una banca depositaria che, a fronte di tale consegna, rilascia certificati rappresentativi dei titoli ricevuti che vengono poi negoziati sul mercato sotto forma di quote». Va sottolineato come la banca depositaria sia necessariamente diversa da quella emittente gli Etf e come sia sempre di elevata caratura.
Se invece l’Etf utilizza contratti derivati per ottenere il rendimento del benchmark si parla di replica sintetica o indiretta; tali contratti, definiti swap, consentono a due parti, una delle quali è generalmente una banca di investimento, di scambiare un flusso finanziario con un altro. Gli Etf swap-based possiedono, quindi, un’esposizione nei confronti della controparte, la cui inadempienza causerebbe perdita del capitale. «Tali fondi però, hanno diverse protezioni contro il rischio di fallimento della controparte – spiega Rubiu –: il rischio di controparte è limitato al 10% per controparte, l a maggior parte degli emittenti di Etf detiene attività collaterali solitamente superiori al valore patrimoniale netto del fondo e, infine, per diversificare la loro esposizione spesso attuano contratti swap con più controparti».
Il rischio principale di un investimento in Etf risulta pertanto quello di mercato, derivante dall’indice sottostante, mentre il rischio di controparte risulta monitorato, anche tramite i controlli delle società di revisione, e marginale.
L’organismo responsabile del controllo del mercato finanziario europeo è l’Esma sul cui sito è possibile visualizzare il documento “Orientamenti per le autorità competenti e le società di gestione di Oicvm”, che definisce le linee guida per le autorità competenti e i partecipanti al mercato. Non vengono pubblicati report specifici sugli esiti dei controlli sui singoli strumenti ma la presenza nel nome di uno strumento della dicitura “Ucits Etf” significa che esso rispetta la direttiva Ucits e supera, pertanto, i controlli dell’organismo di vigilanza.