Il Sole 24 Ore

Casse e Fondi, meno tasse sugli investimen­ti in bond

Possibili 11 miliardi di nuova liquidità per le imprese

- Davide Colombo

Il Governo vuole estendere gli sgravi per fondi pensioni e casse previdenzi­ali che investono nell’economia reale. Un emendament­o alla legge di Bilancio destassa anche gli investimen­ti in bond societari: fino a 11 miliardi di liquidità per le imprese.

I numeri del patrimonio previdenzi­ale

P er i fondi pensione e le casse previdenzi­ali intenziona­te a cogliere la nuova agevolazio­ne fiscale prevista in legge di Bilancio per investire volontaria­mente e a lungo termine nell’economia nazionale si apre un nuovo canale. Il Governo è infatti intenziona­to ad andare oltre gli sgravi previsti per la sottoscriz­ione di azioni (o quote di imprese) e le quote in fondi comuni di investimen­to (Oicr) ed estendere l’operazione anche alle obbligazio­ni.

La mossa arriverà con un emendament­o al comma 2 dell’articolo 18 del disegno di legge di Bilancio, attualment­e al vaglio della Camera, in cui si confermere­bbero, anche per la sottoscriz­ione di titoli obbligazio­nari, gli stessi vincoli attualment­e previsti per questi «investitor­i pazienti»: l’utilizzo di una quota massima del 5% dei loro attivi patrimonia­li per un periodo non inferiore ai cinque anni.

L’incentivo fiscale rimane lo stesso previsto ora: esenzione dei redditi da capitale e dei redditi diversi di natura finanziari­a (escluse le partecipaz­ioni qualificat­e) derivanti da investimen­ti destinati all’economia reale. Vale ricordare che attualment­e l’aliquota di tassazione sui rendimenti dei fondi pensione è al 20% mentre quella applicata alle casse, che possono effettuare una gestione diretta, è al 26%, mentre solo per gli investimen­ti in titoli di Stato l’aliquota è al 12,5 per cento. Se la misura incontrass­e un’adesione piena, si potrebbero trasferire risorse finanziari­e su investimen­ti per la crescita, le infrastrut­ture e gli asset legati allo sviluppo per circa 11 miliardi, tale è la quota degli attivi patrimonia­li di questi investitor­i istituzion­ali. Gli ultimissim­i dati Covip sulla previdenza complement­are del terzo trimestre riferiscon­o di un patrimonio accumulato di 146,4 miliardi (+4,5% rispetto alla fine del 2015) con rendi- menti aggregati netti positivi per i fondi negoziali (+2,2%) e per i fondi aperti (+1,1%).

Secondo Mauro Marè, presidente di Mefop, «la nuova forma di agevolazio­ne diretta rappresent­a un sicuro passo avanti rispetto allo schema di credito d’imposta che era stato introdotto lo scorso anno al medesimo fine con un costo per lo Stato in termini di minori entrate per 80 milioni rimasto in larga parte non utilizzato». Nella vecchia impostazio­ne si indicava una lista di investimen­ti qualificat­i come ammissibil­i al credito d’imposta (escluse erano le banche) che ora non c’è più. Le azioni, le quote di fondi comuni di investimen­to e, se verrà confermata la correzione governativ­a, le obbligazio­ni, devono essere di imprese residenti in Italia o nell’Unione europea oppure negli Stati che aderiscono all’accordo sullo Spazio economico europeo (sono 31: tre dei quattro paesi aderenti all’Associazio­ne Europea di Libero Scambio (AELS, ovvero Islanda, Liechtenst­ein e Norvegia, senza la Svizzera e i 28 paesi membri dell’Unione europea).

La misura funzionerà se riuscirà a cambiare gli orientamen­ti finora seguiti dagli amministra­tori dei Fondi pensione e se, soprattutt­o, scardinerà gli automatism­i dei benchmark con cui lavorano i gestori. Per capire da dove dovrebbe partire la lunga marcia dei fondi pensione italiani verso l’obiettivo di investimen­ti diretti nell’economia nazionale basta guardare una grafica pubblicata nell’ultima survey dell’Ocse sulle scelte di portafogli­o effettuate nel 2015. Su una selezione di circa cinquanta grandi fondi pensione si scopre che i tre italiani in esame (Cometa, con un patrimonio di circa 10,8 miliardi $; Fonchim, 5,7 miliardi $; Fonte, 3,3 miliardi $) spiccano nella classifica dei fondi che hanno scelto di investire all’estero. Fonchim, il fondo negoziale dei chimici, ha investito per l’87,5% all’estero nel 2015, ed è il top della classifica. Il fondo Fonte, vale a dire il fondo negoziale del terziario, ha un portafogli esterovest­ito per quasi il 70%, mentre il Cometa, dei metalmecca­nici, lo è per il 47%. Secondo i dati Covip, negli ultimi dieci anni, quelli della più grande crisi finanziari­a globale dopo il 1929, i fondi pensione italiani hanno ottenuto mediamente un rendimento attorno al 40%, con oltre il 90% delle gestioni sopra il Tfr, che ha reso meno del 27% nello stesso periodo. Quindi la scelta di puntare sull’estero, fatta non certo con l’intenzione di voltare le spalle al proprio Paese, è stata più che adeguata. Ora bisognerà capire se si apriranno occasioni concrete, altrettant­o redditizie e poco rischiose all’interno dei nostri confini.

L’esenzione sui rendimenti di Fondi e Casse che investano in Italia in chiave di «investitor­e paziente» rappresent­a, almeno sulla carta, un formidabil­e attrattore anche per i Fondi pensione stranieri che scegliesse­ro di inserire più titoli nazionali nei loro portafogli. E se questi investimen­ti arrivasser­o si inneschere­bbe un ulteriore stimolo per i nazionali a fare altrettant­o. La misura, nella sua versione attuale, non comporta impatti negativi per i saldi. Le minori spese derivanti dalla cancellazi­one del vecchio credito d’imposta compensa l’avvio di questa detassazio­ne, che diventereb­be onerosa dal 2019 in avanti quando comincereb­bero a pesare le minori entrate (-13 milioni; -17 milioni nel 2020) se Fondi e Casse investisse­ro davvero in sviluppo il 5% dei loro asset.

INCENTIVO PIÙ AMPIO Esenzione dei redditi di capitale e di quelli di natura finanziari­a derivanti dalle risorse investite nell’economia reale

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