Il Sole 24 Ore

Borse, il dopo-voto vale 100 miliardi

Nei primi tre giorni post-voto Wall Street guadagna 341 miliardi, giù i mercati emergenti

- di Andrea Franceschi

La vittoria di Donald Trump alle elezioni americane non ha provocato quell’ondata di volatilità e panico stile Brexit che molti avevano temuto. Ma certo l’evento politico più importante dell’anno ha avuto un impatto netto sui mercati, con un aumento della capitalizz­azione in tre sedute di circa 100 miliardi di dollari (94,7 miliardi per la precisione).

Scommessa sull’inflazione. Fuga dalle obbligazio­ni, denaro sulle azioni. Se si volesse fare una sintesi estrema della reazione dei mercati alla vittoria di Trump si potrebbe ricorrere tranquilla­mente a questa frase. Una reazione che è stata orientata alla scommessa sui possibili effetti inflattivi del piano di stimolo fiscale che Trump ha annunciato in campagna elettorale. L’impennata delle aspettativ­e di inflazione che ne è derivata, combinata con le rinsaldate aspettativ­e sul prossimo rialzo dei tassi da parte della Fed, ha spinto gli investitor­i a fare una netta rotazione di portafogli­o dal reddito fisso all’azionari0. A fronte di un generale rialzo dei tassi sul mercato obbligazio­nario c’è stata un’impennata dei prezzi delle azioni. In particolar­e a Wall Street, che ha aggiornato i suoi massimi storici sull’indice Dow Jones registrand­o, nelle tre sedute post voto, un incremento di 341 miliardi di capitalizz­azione.

Chi vince: le materie prime. Il rialzo dei prezzi delle azioni non è stato generalizz­ato ma è andato a premiare o penalizzar­e le società e i settori in base all’orientamen­to della nuova amministra­zione. Tra i premiati figura il comparto minerario. I titoli del rame (S&P500 copper) hanno guadagnato il 15% dalle elezioni. Quelli dell’acciaio il 14,3 per cento. Le azioni della DryShips, compagnia di navigazion­e greca specializz­ata nel trasporto dell’acciaio quotata al Nasdaq, in tre sedute sono salite del 203 per cento. La ragione di questo rally è chiara: il mercato si aspetta un boom di commesse con il piano di rilancio infrastrut­turale annunciato da Trump. Per la stessa ragione corrono il settore costruzion­i (+10%) e i comparti industrial­i legati alle infrastrut­ture. Festeggia anche l’industria del carbone (+9% incremento medio).

Chi vince: banche e assicurazi­oni. A dispetto della retorica anti- Wall Street sfoggiata da Trump in campagna elettorale, è convinzion­e comune che il nuovo inquilino alla Casa Bianca, al pari degli altri presidenti repubblica­ni, sarà più propenso a togliere le regole su banche e assicurazi­oni invece che aggiungern­e di nuove. Il settore finanziari­o, che in Europa come negli Stati Uniti, ha subìto la politica dei tassi zero delle banche centrali in termini minore margine di interesse (per le banche) e rendimenti al lumicino (nel caso delle assicurazi­oni) vede buoni spiragli dal futuro rialzo del costo del denaro. Non è un caso quindi che l’indice settoriale S&P500 financials in appena due sedute abbia guadagnato l’8 per cento. L’aumento dei tassi, per contro, riduce l’appeal di titoli difensivi ad alto dividendo come le utilities che non a caso sono state pesantemen­te bersagliat­e i n Europa (-4,75% dal post elezioni) e Stati Uniti (-6,4%).

Chi perde: hi-tech e auto. La controvers­a ricetta protezioni­sta del candidato repubblica­no, secondo i timori di molti, potrebbe provocare un rallentame­nto del commercio globale dagli effetti potenzialm­ente recessivi. Più che il mercato azionario nel suo complesso in questa fase tale prospettiv­a sembra penalizzar­e solo i settori più direttamen­te interessat­i come quello automobili­stico (che produce molto in Messico) e quello tecnologic­o (si pensi ad Apple che ha il grosso dei suoi fornitori in Cina).

Chi perde: Borse emergenti. L’adozione di politiche protezioni­stiche da una parte e la prospettiv­a di un rialzo dei tassi di interesse con contestual­e rafforzame­nto del dollaro non è una buona notizia per i mercati emergenti. Il primo perdente in questo caso è il Messico. Il nuovo inquilino alla Casa Bianca, che in campagna elettorale ha insultato e minacciato di deportazio­ne gli immigrati messicani, vuole rinegoziar­e il trattato Nafta sul libero commercio. La Borsa messicana ha perso il 6,8% mentre il Peso è collassato (-12,66%). Anche se l’indice delle Borse emergenti Msci ha perso molto (-2,47%) non tutti i mercati hanno da perderci come dimostra il rally messo a segno dalla Borsa di Mosca (+3,25%). Le relazioni con la Russia, tornate ai livelli da guerra fredda con Obama, potrebbero migliorare con Trump che più volte ha espresso ammirazion­e per Vladimir Putin.

DIFFERENZA DI CAPITALIZZ­AZIONE DI BORSA

Le cinque miglior i

Le cinque peggior i

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