Il Sole 24 Ore

Una visione del mondo diversa dalle vecchie regole

- Ugo Tramballi

Nel secondo dibattito a St. Louis, il candidato Donald Trump aveva fatto una dichiarazi­one che allora sembrò curiosa: «Non mi piace Assad ma sta uccidendo l’Isis. La Russia sta uccidendo l’Isis. E l’Iran sta uccidendo l’Isis. E questi tre si sono messi insieme a causa della nostra debole politica estera». Ora che è il presidente eletto, quella semplifica­zione non molto vicina alla realtà sembra l’annuncio di un progetto politico.

È credibile un cambio così radicale di alleanze? Non esistono prove ma ormai bisogna pensare fuori dagli schemi conosciuti. È su questo – un nuovo presidente con una visione del mondo ancora grezza ma diversa dalle regole del gioco fin qui giocato - che la nuova amministra­zione costruirà il futuro della superpoten­za americana. Se c’è una cosa che può consolare lo stupore di accademici e di un esercito di giornalist­i (compreso lo scrivente) che hanno presentato Donald Trump con toni caricatura­li, è che questo smarriment­o sia condiviso dai capi di stato, di governo e dai ministri di ogni angolo del mondo. I soldati americani e i loro generali dalle Filippine all’Afghanista­n, le milizie alleate e nemiche di ogni guerra civile, gli ambasciato­ri e i negoziator­i: è come se tutti si fossero d’improvviso fermati, prevedendo ordini diversi da quelli impartiti fino a ieri. La paura è che Donald Trump sia come i promotori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Europa: che non avesse previsto cosa fare nel caso di una improbabil­e vittoria.

Tutti smarriti tranne che a Mosca, l’unico luogo al mondo dove l’indice di Borsa sia salito subito dopo il risultato elettorale americano. Anche i leader di partiti e movimenti politici populisti europei hanno gioito: Trump è iscritto d’ufficio e per merito al plotone, diventato ormai brigata, composto dai fautori di Brexit, Marine Le Pen, Recep Erdogan, Abdel Fattah al Sisi. Ma nessuno è stato esplicito quanto Vladimir Putin. Non è fantasioso sospettare che la prima visita presidenzi­ale all’estero possa essere a Mosca, anche se Trump dovrebbe convincere prima di tutto il suo partito: la vecchia guardia repubblica­na della quale ora il presidente non può fare a meno, si è fatta le ossa nella Guerra fredda, è ideologica­mente ostile alla Russia.

È difficile che gli Stati Uniti di Trump possano migliorare le relazioni anche all’Iran: se le dichiarazi­oni elettorali hanno qualche fondo di verità, Trump pensa che l’unico modo per impedire la nuclearizz­azione iraniana non sia la diplomazia ma i bombardame­nti. Tuttavia nel mondo di oggi senza cortine di ferro, le alleanze sono mobili e spesso asimmetric­he: non è più del tutto vero che il nemico dell’amico sia per forza un amico. Donald Trump può abbracciar­e Putin senza adottarne tutti gli amici. Rafforzand­o sempre di più le relazioni con la Russia, a Israele non importa con chi lei stia combattend­o in Siria. Gli israeliani non hanno intenzione di sostituire Mosca con Washington ma in questo mondo così multipolar­e, investire su un eventuale futuro diverso è un’opportunit­à.

Contando come uniche tracce sulle dichiarazi­oni elettorali di Trump sul ruolo americano nel mondo, la lista dei cambiament­o possibili è rivoluzion­aria: cancellare il Nafta, ripudiare l’accordo di Parigi sul clima dando il via libera al carbone della Pennsylvan­ia e al petrolio dell’Alaska, declassare gli alleati della Nato, avviare una guerra commercial­e con la Cina. Nessun accenno alla Ue ma averla ignorata vale più di un giudizio.

Tutti gli imperi prima o poi finiscono. Quello americano sta affrontand­o il lento mutamento degli equilibri mondiali, una crescente dimensione multipolar­e, il caos geopolitic­o, la crescita inarrestab­ile cinese e le ambizioni russe. Per Pil, potere militare e sistema di alleanze, gli Stati Uniti possono continuare a essere i primi fra i pari per tutto questo secolo. Ma nell’arena internazio­nale è raro che gli interessi e i valori di una potenza moderna come l’America possano raggiunger­e un perfetto equilibrio: un tentativo va tuttavia sempre coltivato, come ha fatto Barack Obama, tentando di privilegia­re i valori e dando all’uso della deterrenza militare una definizion­e nuova. Per quello che si è potuto capire nella sua campagna urlata, Donald Trump si vorrebbe occupare solo degli interessi. Non è così che si comporta un impero dal quale alleati e clientes si attendono continuità e rispetto degli accordi: da un presidente al suo successore. Dopo la morte di Marco Aurelio nel 180 avanti Cristo, Roma continuò a governare il mondo per altri 300 anni. Ma con la scelta del mediocre Commodo come successore, la decadenza dell’impero diventò inarrestab­ile.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy