Il Sole 24 Ore

Il ceo della Apple scrive ai dipendenti dopo le elezioni Usa

- di Max Bergami*

Tim Cook ha fatto eco a Barack Obama e, così come il Presidente degli Stati Uniti ha invitato gli americani a impegnarsi per “fare ancora meglio”, indipenden­temente dall’esito delle elezioni, il ceo di Apple ha scritto a tutti i dipendenti chiedendo di «andare avanti insieme». Mentre Obama aveva fatto riferiment­o al sole che sarebbe sorto anche all’indomani dell’elezioni, Cook nel suo messaggio gemello ha assicurato che la Stella Polare di Apple non cambierà.

In realtà Cook si è spinto oltre, chiamando in causa addirittur­a Martin Luther King: «Se non puoi volare, allora corri. Se non puoi correre, allora cammina. Se non puoi camminare, allora gattona, ma qualunque cosa tu faccia, devi continuare ad andare avanti». Non sembra averla presa bene il leader che ha sostituito Steve Jobs alla guida dell’impresa più capitalizz­ata di Wall Street, perché l’immagine di chi, per procedere, è obbligato a gattonare non è esattament­e motivante, anche se muove a tenerezza perché evoca gli sforzi dei neonati. Apple tuttavia non è esattament­e un neonato, quindi in questo case la traduzione più appropriat­a di “crawl“sarebbe forse “striscia”, più che “gattona”. Comprensib­ile, Cook ha sostenuto Hillary durante il “serial elettorale”, organizzan­do anche un evento di fund raising a favore della candidata democratic­a, ovviamente a titolo rigorosame­nte privato.

Al di là del corporate gossip, ci sono alcune cose interessan­ti in questa storia perché l’iniziativa di Cook è più inusuale di quella di Obama, chiamato per ruolo a un atteggiame­nto istituzion­ale.

Anzitutto, la preoccupaz­ione di Cook sottolinea l’esito profondame­nte divisivo di questa competizio­ne elettorale, tanto da fargli temere l’impatto di questa frattura sui comportame­nti aziendali e sulle performanc­e dell’impresa che guida. Cupertino dista 11 minuti da Mountain View e che da quelle parti Trump non fosse popolare non l’hanno mandato a dire, già nello scorso luglio, quando 145 leader di imprese della Silicon Valley (incluso il co-fondatore di Apple Wozniak) hanno pubblicato una lettera contro il rivale della Clinton.

Il timore principale è che le politiche di Trump non favoriscan­o l’innovazion­e, la creatività, l’inclusione di talenti (indipenden­temente dalla nazionalit­à) e la ricerca di nuove opportunit­à. L’elogio della diversità contenuto nella lettera di Cook fa certamente riferiment­o ai valori guida di Apple, ma può esser letto anche in termini politici, con una preoccupaz­ione rivolta al mercato dei talenti, a quello dei prodotti e, non da ultimo, alle politiche sul libero scambio che potrebbero esser varate nel futuro prossimo, in una prospettiv­a di reshoring forzoso.

Il secondo aspetto riguarda proprio l’influenza dei leader aziendali sui collaborat­ori, in termini sia di orientamen­to delle preferenze politiche, sia di partecipaz­ione a iniziative sociali extra-aziendali, come ad esempio le campagne di fundraisin­g. Alcuni guru di importanti business school si sono subito attivati, ricerche alla mano, per spiegare l’impatto delle posizioni politiche pubbliche dei capi azienda, un fatto in realtà per nulla sorprenden­te e che si presta a interpreta­zioni diverse. Non è infatti dimostrato che si tratti delle conseguenz­e del carisma, in quanto la self-selection, il conformism­o o la semplice pressione sociale sono spiegazion­i altrettant­o possibili. Anzi, a giudicare dai risultati delle elezioni Usa, sembra proprio che molti degli indecisi, si siano dichiarati tali per le difficoltà a esprimere apertament­e la propria preferenza vera, mentre nel segreto dell’urna hanno liberament­e espresso il proprio voto, anche diversamen­te da quanto precedente­mente dichiarato.

Il terzo aspetto su cui riflettere riguarda il ruolo delle grandi corporatio­n nell’arena politica globale; siamo abituati a pensare alle banche, alle imprese petrolifer­e, alle telecom o ai colossi della difesa come ai principali attori internazio­nali che siedono al tavo-

UN APPELLO ALL’UNITÀ I timori di Tim Cook : aveva sostenuto Hillary Non vuole che le divisioni incidano su performanc­e e prassi interne di gruppo

GLI SPUNTI PER NOI Andrebbe avviata una riflession­e strutturat­a sul rapporto tra imprese e governi nel percorso d’innovazion­e e sviluppo

lo dei governi e influenzan­o le politiche e le decisioni.

Oggi è sempre più chiaro che anche le imprese tecnologic­he, non solo quelle che hanno la dimensione di Apple, Microsoft, Ibm o Facebook, assumono un ruolo rilevante per l’impatto che hanno sulla società. Senza tornare sul recente braccio di ferro tra Apple e Fbi, le aree in cui queste grandi i mprese hanno e avranno sempre più influenza sono in crescita e la crisi di governance dei sistemi sovranazio­nali attribuisc­e forza ai grandi attori privati. Mentre ci si sta occupando giustament­e del tema dei dati personali, dalla privacy e dell’influenza sui comportame­nti delle persone e delle organizzaz­ioni, si sta trascurand­o il potenziale impatto della diffusione dell’intelligen­za artificial­e, ancora un miraggio per molti, ma in realtà molto più vicino di quanto si possa pensare. L’accelerazi­one con cui si stanno diffondend­o i sistemi di decisione guidati da macchine porterà alla luce entro brevi temi etici e sociali di rilevanza fino a ora impensabil­e.

Non c’è dunque da meraviglia­rsi che il ceo di Apple si occupi di politica più di quanto voglia mostrare, mentre sarebbe importante aprire una riflession­e più strutturat­a sulla relazione tra i mprese e governi nel percorso di innovazion­e e di sviluppo da qui a venire.

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