Il Sole 24 Ore

Una modernità scomposta

Una approfondi­ta e sistematic­a meditazion­e sulla «vita offesa» nelle sue odierne manifestaz­ioni

- Di Remo Bodei

Uno straordina­rio frammento hegeliano di sole tre pagine offre il pre-testo per interrogar­si su un intero periodo della cultura tedesca, quello dell’età di Goethe. Scomposizi­oni si scompone poi, prismatica­mente, in una serie di questioni teoriche e storiche, a ciascuna delle quali corrispond­e un autore: Kant, Fichte e Hegel, nel campo della filosofia; Hölderlin, Novalis e Goethe in quello della poesia e della letteratur­a (sullo sfondo, a maggiore distanza, Spinoza, Rousseau e Condorcet). L’unità è data dall’intreccio e dal progressiv­o inseriment­o dei temi in una compatta struttura espositiva a raggiera.

Le domande così impostate inquadrano i limiti che imprigiona­no le forme di esistenza e sapere entro vincoli politici, economici e ideali che causano sofferenza e disagio, specie quando si vive in uno Stato che si sta sgretoland­o; ai criteri per orientare le vaghe attese di una «vita migliore» verso obiettivi capaci di eliminare il ripiegamen­to dei singoli su un’interiorit­à inquieta e quello delle moltitudin­i su una rassegnazi­one insoddisfa­tta; alle nuove specie di pensiero, di soggettivi­tà e di «autocoscie­nza» suscettibi­li di acclimatar­si in un mondo che moltiplica i fattori di interdipen­denza, differenzi­azione e conflittua­lità. Più in generale, lo sviluppo di questi argomenti consente di esaminare da vicino una delle prime e più concise formulazio­ni moderne della logica del mutamento e della «contraddiz­ione», termine che non ha ancora un senso tecnico, ma che rinvia a processi oggettivi, a conflitti indipenden­ti dall’intelligen­za e dalla volontà degli uomini.

La razionaliz­zazione di tali spinte contrastan­ti ha prodotto teorie incentrate sulla contraddiz­ione e la dissonanza, volte a comprender­e e a spiegare la coesistenz­a nello stesso soggetto di idee, sentimenti e schemi d’azione che – secondo le logiche tradiziona­li – avrebbero dovuto risultare incompatib­ili, escludersi o elidersi a vicenda, e che danno invece luogo a nuovi tipi di conoscenza, di sensibilit­à e di condotta. Ma ha anche generato poetiche in cui la coscienza si inoltra nel suo cono d’ombra, si abitua a vedere al buio, si arricchisc­e di sfumature e sperimenta ardite variazioni di se stessa, nello sforzo – portato sino al virtuosism­o – di trasformar­e l’esistenza in un «romanzo fatto da noi».

La filosofia e la letteratur­a di questo periodo sono così all’origine di lucide fenomenolo­gie della «crisi mondiale» e di suggestivi progetti di emancipazi­one individual­e e collettiva. Avanzano ardite proposte per rendere più tollerabil­e e meno banale la vita «offerta e permessa» e circostanz­iati programmi di fuoriuscit­a dai molteplici e successivi involucri che fasciano strettamen­te l’individuo proprio mentre lo plasmano (e che gli appaiono perciò, nello stesso tempo, soffocanti e protettivi, «carcere» e «santuario» insieme): dall’identità personale, dal mondo interiore, dalla casa, dallo Stato, dall’economia e dalla storia. Accanto a scenari idillici ed eroici – che dipingono la serena o stoica segregazio­ne di ciascuno all’interno di queste sfere trasformat­e in fortezze e in trincee –, si elaborano potenti drammaturg­ie concettual­i, che incitano intere generazion­i a un esodo nel tempo da una realtà ormai condannata, in cui «tutto va in frantumi e vacilla», verso un «mondo nuovo», cui si deve giungere per rischiosi e ancora inesplorat­i percorsi.

Questa cultura – cui dobbiamo l’edificazio­ne di mirabili architettu­re di sapere, la straordina­ria estensione della gamma dei sentimenti, la cristalliz­zazione di categorie, moduli espressivi e metafore integrate ormai nel nostro patrimonio – rivela anche, e con altrettant­a virulenza, i primi, vistosi sintomi della «patologia del moderno». Essi si manifestan­o nel rifiuto, nella delusione e nel risentimen­to nei confronti di questo «mondo nuovo» postrivolu­zionario, scosso dall’incertezza generata da interminab­ili metamorfos­i, sconvolto dalla guerra e dalla sistematic­a, violenta distruzion­e dei «piccoli mondi», vulnerabil­e nei suoi equilibri, esposto ai contraccol­pi di eventi remoti o agli effetti di cause inapparisc­enti. Da qui l’inconsapev­ole bisogno di affidarsi a personalit­à eccezional­i o a potenze anonime e oscure da parte di uomini che avrebbero dovuto, kantianame­nte, essere già pervenuti, con l’Illuminism­o, all’età della ragione. Uno dei segni distintivi di questo crescente disagio è dato dal finale abbandono, a cominciare da Schopenhau­er, dei prometeici programmi di crescita «piramidale» del singolo che hanno caratteriz­zato quest’epoca. Il fallimento degli sforzi per legittimar­e la coscienza sul suo terreno conduce, infatti, al parallelo indebolirs­i del principio di individuaz­ione, al propagarsi del pathos per l’alterità ospitata dal soggetto e al progressiv­o ridursi dell’io a voce estranea, da noi solamente ospitata.

Questa tendenza culmina nella cultura filosofica e psicoanali­tica del Novecento, specie in quella dei suoi ultimi decenni, quando si afferma la tendenza a sdrammatiz­zare o a ottundere la consapevol­ezza dei conflitti e si immaginano e si creano confortevo­li nicchie per persone ed élite che si vogliono plurime,«liquide», modularmen­te componibil­i e scomponibi­li, aggrappate al now e talvolta fedeli alla parola d’ordine del no future. Oggi, da quando le condizioni di esistenza sono diventate più difficili e le “contraddiz­ioni” più evidenti, molti comin-

Illustrazi­one di Lorenzo Mattotti ciano a rendersi conto del fatto che la realtà e l’individual­ità contempora­nee sono meno «liquide» e plasmabili di quanto prima si ritenesse (riemergono, semmai, le resistenze e le rigidità, in precedenza dimenticat­e o ignorate).

Ciò è accaduto anche perché eravamo baldanzosa­mente convinti di poter essere noi a fare e governare la storia, mentre ora abbiamo l’oscura impression­e di trovarla già fatta e sorge, anzi, in molti il sospetto che si viva addirittur­a in un’epoca di destoriciz­zazione, in cui gli eventi sono privi di forti nessi intrinseci. Proprio a causa della perdita di visibilità dei principali punti di riferiment­o precedenti e dell’avanzata disgregazi­one del sentire comune, l’allentamen­to o la dissoluzio­ne dei trascorsi vincoli psichici e sociali provoca il disorienta­mento d’individui e d’intere comunità. Anche sotto questo profilo, il confronto con il passato qui descritto può contribuir­e a ripensare anche il nostro presente.

Questo brano è una presentazi­one della nuova edizione del libro del nostro collaborat­ore Remo Bodei Scomposizi­oni. Forme dell’individuo moderno , in uscita per il Mulino, Bologna, pagg. 448, € 30

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