Patrick, «testimone» di Charlie P
Patrick, 67 anni, il giornalaio di Saint-Germain-desPrès, edicola tra le più rifornite di Parigi, con duemilacinquecento testate in vendita, molti clienti fissi tra cui i redattori di Charlie Hebdo, la cui sede si trova a pochi passi.
Sui quotidiani la mattina del 7 gennaio 2015: la nuova strategia di Sarkozy di fronte a Hollande; Michel Houellebecq e il suo “libro che disturba” ( Figaro); la mobilitazione dei medici contro la riforma del ministero della Salute ( Libération); un’inchiesta sul mercato immobiliare ( Le Parisien); come trovare la felicità ( L’Express). In uscita anche il Canard enchaîné e Charlie Hebdo.
La nuova edizione del Canard enchaîné, quella mattina in edicola, è dedicata alla crisi dei negoziati. Titolo: «L’Europa dovrà mettere le mani sulla Grecia». Sotto i due paperi sghignazzano: «Si accelera la diminuzione del prezzo del petrolio… Finalmente un po’ di dolcezza in questo mondo brutale».
La nuova edizione di Charlie, quella mattina in edicola, è dedicata alla Profezia del mago Houellebecq. «Nel 2015 perderò i miei denti… nel 2022 farò il ramadan».
Copie consegnate quella mattina a Patrick del Canard enchaîné: 136. Di Charlie Hebdo: 6.
La giornata lavorativa di Patrick inizia alle 4.30, alle 6 la consegne dei giornali, alle 11 passa le consegne ai due giovani che gli danno il cambio. Poi sale in macchina. Porta con sé la cassa con il ricavato del giorno e i documenti dell’edicola. Per arrivare a casa deve attraversare Parigi.
Nella stanza centrale di Charlie Hebdo, al Numero 10, Rue Nicolas-Appert, ci sono una decine di persone e un cane: il cocker Lila, la mascotte del giornale. Sono le 11.30 quando finisce la riunione di redazione. I fratelli Kouachi, armati di kalashnikov, dopo aver sbagliato civico, sono arrivati al portone giusto. Uccidono l’addetto alla manutenzione del palazzo, sulle scale incrociano la giovane disegnatrice Coco e Angélique, responsabile degli abbonamenti, si fanno aprire la porta blindata, entrano, fanno il massacro: 12 morti, 11 feriti. Poi scappano a bordo di una Citroën C3 nera.
«Libertà di espressione? Il mio culo!» (uno dei primi disegni di Luz, scampato al massacro perché a casa a festeggiare il suo compleanno).
Patrick intanto sta andando verso casa. Fermo al semaforo rosso, sente dietro di sé il rumore di un tamponamento tra due vetture. Nello specchietto intravede un’automobile nera che accelera e risale sull'Avenue Mathurin-Moreau. Patrick pensa di fermarsi dal macellaio. Prende Rue de Meaux, non ha ancora messo la terza che è costretto a una frenata improvvisa. Una C3 nera gli taglia la strada all’incrocio con Rue Sadi-Lecointe. La C3 si ferma tra un bar-tabacchi e una panetteria. Chérif Kouachi si avvicina alla sua Clio grigia. A viso scoperto. Porta un kalashnikov a tracolla. «Scendi, abbiamo bisogno della tua macchina». Patrick obbedisce. Chérif si mette al volante, il fratello gli siede accanto. La macchina si ingolfa e si spegne. Patrick è rimasto fermo in mezzo alla strada. Un pensiero lo fulmina. Non era solo sull’automobile. Apre la porta posteriore. «Recupero il mio cane». I due riescono ad accendere la macchina. «Se i media ti fanno domande, rispondi che siamo di Al Qaeda Yemen».
La porta blindata della redazione di Charlie disponeva di un codice, ma non di un videocitofono, né di una chiusura d’emergenza, come aveva raccomandato una perizia sulla sicurezza fatta pochi mesi prima. «Se dobbiamo lavorare in una cantina blindata, meglio la prigione» avevano risposto i giornalisti.
Quotidiani.
Canard.
Charlie.
Copie.
Giornata/1.
Giornata/2.
Libertà.
C3.
atrick.
Prigione. Notizie tratte da: Anais Ginori, L’edicolante di Charlie, Bompiani, Milano, pagg. 260, € 14