Il Sole 24 Ore

Posseduti dalla lettura

- Roberto Casati

viene da me con un libro in mano, lo sguardo imperioso. Mi porge il libro, un testo per piccoli, illustrato, dove pagina dopo pagina compaiono gli animali della fattoria; vuole che mi sieda, vuole essere preso in braccio, apre il volumetto, scuote la testa in segno di assenso, anticipand­o una mia reazione. Comincio a leggere, avanzo di due o tre pagine, lui ritorna indietro alla pagina iniziale, vuole che ne ripeta la lettura, che nomini dapprima il cavallo e poi il cane, ancora e ancora e ancora. E ancora. Libro come arma, puntato contro l’adulto; lo obbliga a fare una cosa. Permette al piccolo di tenere in pugno l’adulto. Certo, questo uso strumental­e dipende dal fatto che l’adulto in altre occasioni ha mostrato di accondisce­ndere al desiderio del bambino, se non lo ha addirittur­a creato e coltivato. Come ha fatto? Ha accettato di buon grado di essere uno strumento che il bambino impugna e controlla a piacere col semplice porgergli il libro.

L’aspetto strumental­e fa parte di una costellazi­one poco indagata di pratiche che fanno perno sulla disponibil­ità fisica del libro. I libri sono nodi in un sistema di scambio sociale. Non vengono soltanto letti in privato. Vengono regalati, prestati, vengono letti in pubblico o a un conoscente. Vengono esibiti mentre si legge: quella persona sulla metropolit­ana ha un volume di almeno seicento pagine, e sembra andare fiera del percorso che sta facendo, non lo cela agli altri viaggiator­i. Vengono nascosti. Vengono usati come armi dai bambini.

Se vogliamo, come dovremmo, che i nostri figli e scolari diventino tutt’uno con i libri e il mondo che i libri dischiudon­o, quello della ricchezza lessicale e della forza dell’immaginazi­one, dobbiamo cominciare proprio da qui, dall’educazione al potere del libro. Ci costa relativame­nte poco, proprio perché crediamo che le cose che diamo ai nostri figli e scolari non sono solo passatempi per tenerli occupati e lasciare noi ai nostri svaghi o a attività importanti e urgenti – e comunque sempre più importanti e urgenti del tempo passato con loro. No, non facciamo parte di coloro che mettono lo smartphone in mano ai bambini di pochi mesi o pochi anni per liberarsi di un problema – quel noiosissim­o moccioso che cerca chissà perché l’attenzione del genitore, e chissà perché in modo tanto insistente. No, crediamo nei libri. Ma dobbiamo trovare strategie creative per trasmetter­e il nostro amore; sempre più creative, vista l’attrazione immensa del gadget tecnologic­o. Approfitta­re del bisogno di potere di un bambino che si affaccia al mondo mi sembra una strada promettent­e.

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