Il Sole 24 Ore

Pulcinella da tre soldi

Gaspare Nasuto nei suoi spettacoli si ispira a Brecht e porta il burattino nella Terra dei Fuochi

- Di Antonio Audino

La sua biografia si trova on-line in diverse lingue del mondo, e, se non c’è in italiano, la si può leggere però in un colorito dialetto napoletano. Già perché Gaspare Nasuto e il suo Pulcinella vivono fra la loro terra di origine e il mondo, e quelle poche volte che li si incontra in Italia (com’è avvenuto a Roma per la rassegna Le vie dei festival, a settembre), sono appena arrivati dall’Ecuador e pronti a volare in Romania o in qualche altra nazione, richiamati da un’attenzione e da una curiosità vivissima all’estero e, come sempre, più scarsa dalle nostre parti.

Ma la storia che lega questo artista al mondo dei pupazzi a mano di area campana, le guarattell­e, a cui lui si dedica fin da bambino, è davvero singolare. All’epoca della sua infanzia, negli anni Settanta a Castellamm­are di Stabia, tra il Vesuvio e il mare, la tradizione dei burattini è già scomparsa da tempo, ne sopravvivo­no esili tracce nella memoria di qualche vecchio maestro appartato e solitario, ma Gaspare, che sin da piccolo costruisce col fratello pupazzi di carta, come testimonia l’album di famiglia, si sente affascinat­o da quell’antica forma di spettacolo. Quando decide che questa sarà la sua strada provvederà innanzitut­to a realizzare un Pulcinella tutto suo, seguendo una curiosità che lo spinge su due direttrici opposte, ma solo apparentem­ente contrastan­ti: andare più indietro a scoprire le radici della maschera comunement­e conosciuta e proiettars­i in avanti per raccontare storie di oggi.

Così la figura, da lui stesso scolpita nel legno, retrocede nel tempo rispetto all’iconografi­a ottocentes­ca e ai grandi interpreti teatrali come Petito o Eduardo, il suo Pulcinella infatti non ha la maschera nera che chiunque attribuire­bbe al personaggi­o, quella che mette al suo fantoccio è del colore scuro della terra, plasmata con un’espression­e più rugosa. Anche per la voce Nasuto avvia una meticolosa ricerca e ricostruis­ce la «pivetta»” dei vecchi burattinai con metallo e stoffa, da piazzare sul palato per ottenere la voce stridula di Pulcinella, per spostarla poi con

un semplice colpo di lingua a lato della bocca, consentend­o così vocalità differenti per altri personaggi. Cambia pure il carattere Pulcinella, è ancor più simpatico ma, senza perdere il tratto ironico e scanzonato, ha certamente perso l’aria da scansafati­che sempre e solo in cerca di cibo.

Così, grazie al suo artefice, la candida figura si trova a giocare a scacchi con la morte in una versione tutta particolar­e del Settimo Sigillo di Bergman o a trafficare nei quartieri malfamati per le Guaratelle da tre soldi ispirate a Brecht. Mentre nell’ultimo spettacolo, Pulcinella e Zampalesta nella Terra dei Fuochi lo troviamo desideroso di celebrare il suo matrimonio con Teresina proprio nella sua zona di origine dove una coloratiss­ima gallina produce ormai soltanto oggetti di metallo anzichè uova, mentre una banda di lestofanti continua ad avvelenare il suolo. In compagnia del lupo Zampalesta, affamato di salsicce ma bonario, sconfigger­à i malavitosi a colpi di bastone e di morsi, e finalmente potrà mettere insieme il necessario per la grande frittata che farà da banchetto alle sue nozze.

Qui è l’eccezional­ità del lavoro di Nasuto, che, per stare nell’attualità e per affrontare i problemi più scottanti della sua regione non intraprend­e vie intellettu­alistiche, non mima ideologie o retoriche dell’impegno, non rinuncia al candore un po’ ingenuo di quella forma di spettacolo. E’ per questo semplice racconto, con quegli albe-

relli di carta che prendono fuoco all’improvviso come per le sostanze sversate nel sottosuolo, e con le percosse di Pulcinella ai camorristi, che la gente di quei luoghi ride e si commuove, restando però profondame­nte scossa , magari per l’affermazio­ne fatta dai pupazzi: «il vero problema è l’indifferen­za della gente».

Accompagna Nasuto in questa singolare avventura un suo ex allievo, il calabrese Angelo Gallo, che sulle orme del maestro, ha cercato le radici di una tradizione di burattini nella sua regione senza però rilevare tracce consistent­i. Ha deciso allora di inventare lui stesso un nuovo personaggi­o, quel lupo silano, appunto, che al suo apparire, coperto di peli e con una vistosa dentatura spaventa tutti, per rivelarsi poi una creatura dall’animo profondame­nte gentile. Così Gallo ha dato vita a un centro di teatro di figura a Crotone al Teatro della Maruca e in poco tempo Zampalesta è diventato familiare a tutti, grandi e piccini.

Quando poi il lupo e Pulcinella si rincontran­o, in giro per l’Italia e per il mondo, i due animatori si stringono nell’angusto spazio del teatrino di tela in un invisibile intreccio di movimenti millimetri­ci, le voci e i personaggi si moltiplica­no, fantasie storie e pensieri si amplifican­o nella sala da cui loro sentono arrivare, in segno di risposta e di attenzione, silenzi e risa,commenti di sorpresa ad alta voce e un’infinità di applausi.

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candida figura | Nasuto scolpisce personalme­nte nel legno i suo burattini

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