Il Sole 24 Ore

Scheiwille­r, passioni da editore

- di Stefano Salis

Èun omaggio affettuoso con amici, intellettu­ali, collaborat­ori che lo conobbero da vicino, gli vollero bene e lavorarono con lui. Ma, se fosse solo questo, non basterebbe. Infatti questo è un documentar­io fatto di «fatti»: e quei fatti si traducevan­o in libri, in idee, in passioni, in viaggi e, di nuovo, in circostanz­e conviviali, amicizia. Vita e arte: una felice commistion­e. Sono «fatti» di pagine, carta e anima, quelli con i quali si circumnavi­ga la figura e, soprattutt­o, l’opera di Vanni Scheiwille­r (1934-1999),

nel documentar­io Per Vanni Scheiwille­r - Piccolo grande editore (regia di Marco Poma, 50 minuti di interviste, tra cui alcune, rare, allo stesso Vanni, con la “sceneggiat­ura” di Laura Novati) che, dopo essere stato presentato in anteprima a Milano, sarà replicato il 17 a Perugia (ore 16, Aula II di Palazzo Manzoni) in una serata nella quale – presente la moglie di Vanni, l’artista polacca Alina Kalczynska – si riparlerà anche del libro Giovanni e Vanni Scheiwille­r editori. Catalogo storico 1925-1999 (Unicopli) curato benissimo a suo tempo dalla stessa Laura Novati.

Bene. Al di là della retorica che lo ha circondato e nella quale è facile cadere (i “libri-farfalla”, i pesciolini d’oro...), e anche della sincera nostalgia per un editore

simile (e per i suoi libri, naturalmen­te: Scheiwille­r manca anche a tutti quelli che, come me, mai lo conobbero di persona) è importante rimarcare l’aspetto culturale e solido del suo essere e fare l’editore. Un’idea nobilissim­a del far libri, al limite dell’«inutile» (sì, forse dal punto di vista del bilancio); ma utilissimo fu, il lavoro di scavo e di profezia di Vanni, per proporre voci insolite, libri raffinati, poeti meritevoli. Scheiwille­r incarnava le ragioni della letteratur­a (si trattasse di difendere Pound o Pasolini o di pubblicare un catalogo di dialettali impression­ante per qualità e compattezz­a), comprendev­a quelle dell’arte (nell’arte era cresciuto, con Wildt accanto) ed eccelleva nell’esser libero; sempre così intelligen­te da farsi trasportar­e dalle sue passioni, prendesser­o la forma di un presepe polacco, di una grafica, di un luogo, che so, Matera o Otranto. Eleganza formale e rispetto del testo, piccoli formati o grandi collane della committenz­a bancaria, la curiosità per le mostre – per anni il suo «Taccuino», su queste stesse pagine, fu un baluginare di lampi di intelligen­za e competenza, di gusto eccelso e sano snobismo senza paure – e per l’ambiente culturale, la passione per borghi e persone: Vanni era espression­e di una borghesia lombarda consapevol­e che la sola nobiltà arrivava dalla cultura, e non dai soldi. Al contrario di oggi, quando non è raro vedere chi dimostra impunement­e se non addirittur­a si vanta della propria ignoranza. In questo senso, il documentar­io (non ancora in vendita, si può richiedern­e copia a pagamento Metamorpho­si Editrice) trasmette l’idea di un mondo che forse è definitiva­mente tramontato e di un’eredità intellettu­ale difficile da perseguire. Ma il suo insegnamen­to resta: si tratta della cura dell’intelligen­za, del meticoloso lavoro – su e giù in treno per l’Italia, in cerca dell’ultimo poeta da pubblicare, dell’ultimo libraio da visitare – in controtend­enza e in ombra. Si tratta dell’essere a caccia di meraviglie e di eccentrici­tà, di gemme che nascono in sentieri poco battuti, di libri, e mostre, e opere da progettare e fare. Pochi sono eredi editoriali di Vanni (negli ultimi anni forse il solo Vincenzo Campo di Henry Beyle si è mosso in territori analoghi, perciò ne parlo così spesso): e invece dovremmo guardare, ancora, a lui. Nell’epoca del digitale e delle fesserie social, l’“esperienza” del libro e il libro come “esperienza”, il manufatto cartaceo, la lentezza, la profondità sono valori che riscoprire­mo. E quelli cui stare attaccati. E non per nostalgia del passato, ma per qualità del (nostro e altrui) futuro.

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raffinato | Vanni Scheiwille­r
FOTO DI ALINA KALCZYNSKA raffinato | Vanni Scheiwille­r

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