Il sentiero che viaggia nel tempo
La Via di Schenèr è un antico passo di montagna abbandonato sui margini meridionali delle Dolomiti; un francobollo nella vastità della carta geografica. A vederla, pare incredibile che degli uomini siano potuti passare di lì. In alcuni tratti è larga poco più di un metro, buona soltanto per uomini a piedi e muli; si avanza a fatica tra rocce incombenti e strapiombi paurosi, accompagnati dal rumore di un torrente sul fondo, che misura la profondità dell'abisso.
Lungo tutta l’età moderna questo sentiero di montagna ha collegato le cittadine di Feltre, dominio veneziano, e Primiero, terra tedesca dell’Imperatore, separate dall’incerta linea di confine. Per quanto la via fosse stretta, scomoda e impervia, uomini e merci l’hanno percorsa senza sosta, obbedendo alle leggi nascoste ma inflessibili dell’economia. La serenissima repubblica veneziana aveva gran bisogno del legname dei boschi di Primiero e del ferro che si traeva da quelle miniere. Ma per sfamare boscaioli e minatori era necessario un flusso inverso e ininterrotto di grano, vino, olio e sale. C’erano poi le greggi in transumanza e il vescovo, che si prendeva cura delle sue pecorelle ma anche di rendite e benefici, poiché le due località, divise dalla politica, erano unite dalla fede nello stesso vescovato.
Poi tutto cambia, spezzando questi tenaci fili secolari. Alla fine del Settecento viene meno l’unità del vescovato e nel 1882 la costruzione di una nuova strada più agevole aggira gli ostacoli e devia i commerci. La valle di Primiero, chiusa per secoli tra le montagne, si apre al mondo, ma lungo altre direttrici. In pochi anni scompaiono i mulattieri, insieme alle loro bestie umili e tenaci, le mercanzie, i viandanti, il traffico quotidiano… La locanda dove si riscuoteva il dazio rimane vuota, la fortezza abbandonata si trasforma in un rudere, le sterpaglie e la boscaglia invadono il sentiero, interrotto da frane e smottamenti. Oggi solo con grande fatica e molte congetture è ancora possibile ripercorrere l’antico tracciato.
Anche se si concentra su una piccola porzione di territorio, il libro di Mattia Melchiorre non è un esercizio di microstoria, semmai combina tre prospettive diverse: è al tempo stesso un racconto del passato, una riflessione sulle forme e il senso della ricerca storica, infine un libro di viaggio. Certo, come accade di frequente ai libri compositi, rischia di scontentare tutti o quasi, ma sarebbe un peccato, perché è ben fatto e originale.
Ai nostri giorni la lettura di La via di Schenèr sembra soprattutto invitare a un viaggio nel tempo, prima che nello spazio. Quando per andare da Feltre a Primiero basta poco più di mezzora, e in un decimo del tempo impiegato dagli antichi viandanti si raggiunge Parigi in aereo, luoghi esotici e lontani ci sono più familiari di quelli dietro l’angolo; quasi che, dopo la fuga degli uomini, l’Appennino sia diventato terra incognita, spazio d’elezione per esploratori post moderni.
Matteo Melchiorre, La via di Schenèr. Un’esplorazione storica nelle Alpi, Marsilio, Venezia, pagg. 240, € 16,50
Matteo Me lchiorre ripercorre la Via di Schenèr, un francobollo ricco di storia abbandonato ai margini meridionali delle Dolomiti