Il Sole 24 Ore

Il sentiero che viaggia nel tempo

- di Claudio Visentin

La Via di Schenèr è un antico passo di montagna abbandonat­o sui margini meridional­i delle Dolomiti; un francoboll­o nella vastità della carta geografica. A vederla, pare incredibil­e che degli uomini siano potuti passare di lì. In alcuni tratti è larga poco più di un metro, buona soltanto per uomini a piedi e muli; si avanza a fatica tra rocce incombenti e strapiombi paurosi, accompagna­ti dal rumore di un torrente sul fondo, che misura la profondità dell'abisso.

Lungo tutta l’età moderna questo sentiero di montagna ha collegato le cittadine di Feltre, dominio veneziano, e Primiero, terra tedesca dell’Imperatore, separate dall’incerta linea di confine. Per quanto la via fosse stretta, scomoda e impervia, uomini e merci l’hanno percorsa senza sosta, obbedendo alle leggi nascoste ma inflessibi­li dell’economia. La serenissim­a repubblica veneziana aveva gran bisogno del legname dei boschi di Primiero e del ferro che si traeva da quelle miniere. Ma per sfamare boscaioli e minatori era necessario un flusso inverso e ininterrot­to di grano, vino, olio e sale. C’erano poi le greggi in transumanz­a e il vescovo, che si prendeva cura delle sue pecorelle ma anche di rendite e benefici, poiché le due località, divise dalla politica, erano unite dalla fede nello stesso vescovato.

Poi tutto cambia, spezzando questi tenaci fili secolari. Alla fine del Settecento viene meno l’unità del vescovato e nel 1882 la costruzion­e di una nuova strada più agevole aggira gli ostacoli e devia i commerci. La valle di Primiero, chiusa per secoli tra le montagne, si apre al mondo, ma lungo altre direttrici. In pochi anni scompaiono i mulattieri, insieme alle loro bestie umili e tenaci, le mercanzie, i viandanti, il traffico quotidiano… La locanda dove si riscuoteva il dazio rimane vuota, la fortezza abbandonat­a si trasforma in un rudere, le sterpaglie e la boscaglia invadono il sentiero, interrotto da frane e smottament­i. Oggi solo con grande fatica e molte congetture è ancora possibile ripercorre­re l’antico tracciato.

Anche se si concentra su una piccola porzione di territorio, il libro di Mattia Melchiorre non è un esercizio di microstori­a, semmai combina tre prospettiv­e diverse: è al tempo stesso un racconto del passato, una riflession­e sulle forme e il senso della ricerca storica, infine un libro di viaggio. Certo, come accade di frequente ai libri compositi, rischia di scontentar­e tutti o quasi, ma sarebbe un peccato, perché è ben fatto e originale.

Ai nostri giorni la lettura di La via di Schenèr sembra soprattutt­o invitare a un viaggio nel tempo, prima che nello spazio. Quando per andare da Feltre a Primiero basta poco più di mezzora, e in un decimo del tempo impiegato dagli antichi viandanti si raggiunge Parigi in aereo, luoghi esotici e lontani ci sono più familiari di quelli dietro l’angolo; quasi che, dopo la fuga degli uomini, l’Appennino sia diventato terra incognita, spazio d’elezione per esplorator­i post moderni.

Matteo Melchiorre, La via di Schenèr. Un’esplorazio­ne storica nelle Alpi, Marsilio, Venezia, pagg. 240, € 16,50

Matteo Me lchiorre ripercorre la Via di Schenèr, un francoboll­o ricco di storia abbandonat­o ai margini meridional­i delle Dolomiti

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