In morte di una mosca
Questa mosca sa fare una cosa meravigliosa che io non so fare, sa volare. Questa mosca sa fare un’altra cosa meravigliosa che io non so fare, sa arrampicarsi sui muri. Questa mosca sa fare ancora un’altra cosa meravigliosa che io non so fare, sa svicolare gli schiaffoni. Perché allora mi fa così schifo? Adesso per esempio è qui che sta mangiando del pane, del mio pane, il pane che mangio anch’io, pane buono e pulito, è alla mia tavola come una sorella, da dove sorge dunque l’occasione di ribrezzo?
Sì, ti dicono, ma guarda che un attimo prima era sopra una merda; fatto salvo il particolare che in questa casa di quella roba non ne teniamo in giro a cielo aperto. Questa mosca è nata qui con noi, forse addirittura in casa, e la sua vita è la nostra, dunque? Parlo e parlo solo per vedere se così riesco a confonderla, a distrarla diciamo; sempre che abbia una facoltà adatta, e seguendo la letteratura scientifica al riguardo parrebbe di no, ha un cervello elementare, privo di facoltà cognitive, sa solo quello che sapeva quando è nata.
Eppure, con tutto quello che mi è stato insegnato sul come farlo, non riesco a farla finita con lei, è più veloce e reattiva delle mie stesse intenzioni. Potrei lasciar perdere ma non voglio, perché so che dal pane finirà per venire da me, e vorrà posarmisi in testa, lo farà per la millesima volta. La caccerò, s’intende, e lei tornerà, lo farà finché avrà vita, c’è qualcosa quassù nella cucuzza che le piace da impazzire. Stolida, ossessiva, sfibrante, senza vergogna e pietà, come un amore eterno e assoluto. Musca delenda est.