Per Città e Province 900 milioni strutturali
Agli enti di area vasta quasi tutte le risorse del fondo scritto in manovra
La legge di stabilità potrebbe offrire una soluzione strutturale ai problemi più gravi di Città metropolitane e Province, congelando di fatto la loro situazione finanziaria attuale e mettendole quindi al riparo almeno da tagli ulteriori.
Lo strumento è nel primo dei due fondi istituiti dall’articolo 63 del disegno di legge che da questa settimana entra nel vivo dell’esame della Camera. Il primo è il fondo più “pesante” per i conti pubblici, perché la sua dotazione incide sull’indebitamento netto: le cifre in gioco non sono da poco, perché valgono 969,6 milioni all’anno per il 2017-2026, 935 milioni fal 2027 al 2046 e 925 milioni dal 2047.
Quasi tutte queste risorse dovrebbero essere destinate alla tenuta dei conti degli enti di area vasta, come si può capire facilmente dal quadro degli altri interventi in cima all’agenda delle misure per gli enti territoriali. Le Regioni, in particolare, si aspettano una replica del meccanismo che lo scorso anno ha quasi azzerato in termini contabili l’effetto dei tagli miliardari messi in programma sul loro bilancio non sanitario. I Comuni, invece, puntano prima di tutto a una nuova edizione del fondo Tasi, che l’anno scorso con 390 milioni ha pun- tellato i bilanci di 1.800 Comuni nei quali l’Imu sull’abitazione principale era salita a suo tempo oltre gli standard e quindi hanno sofferto di più dell’addio alle imposte su questi immobili. Entrambi questi interventi, però, l’anno scorso non hanno inciso sull’indebitamento netto, ma solo sul saldo netto da finanziare: le risorse per il 2017, quin- di, arriveranno dall’altro fondo previsto dall’articolo 63 della legge di bilancio, quello che appunto riguarda il saldo netto e non l’indebitamento.
Le differenze fra i due fondi sono materia che appassiona i tecnici del bilancio pubblico, ma le conseguenze operative sono importanti perché individuare la geografia dei fondi permette di capirne il meccanismo. In pratica, si profila una conferma dei 900 milioni già messi sul piatto quest’anno per puntellare i conti degli enti di area vasta, divisi in 650 per le Province e 250 per le Città metropolitane. Il resto delle risorse del fondo dovrebbe invece essere destinato, a giudicare dai temi della trattativa fra governo e sindaci, a interventi “minori” (in termini di valore complessivo) per i Comuni, come gli aspetti rimasti da definire nelle compensazioni per il passaggio dall’Ici all’Imu e per i giri di valzer dell’Imu agricola e le spese di giustizia ancora non rimborsate.
Se questo quadro sarà confer- mato, dal Dpcm di distribuzione dei fondi o da un emendamento parlamentare che riporterà nella legge di bilancio il compito di distribuire le risorse, il quadro degli enti di area vasta ritroverà un po’ di solidità. Una solidità relativa, certo, perché le Province per esempio hanno potuto contare quest’anno anche su 200 milioni tra rinegoziazione dei mutui e contributi straordinari per gli equilibri e per le funzioni fondamentali. La mossa, però, darebbe almeno un orizzonte pluriennale a questi enti (a prescindere dall’insegna delle «Province», che sparirebbe in caso di vittoria del «sì» al referendum), superando la fase dei contributi annuali che hanno tenuto il sistema sotto il costante rischio di dissesto certificato dalla possibilità di scrivere bilanci solo annuali. Da risolvere rimane comunque parecchio, a partire da una probabile proroga dei termini per i preventivi alle incognite sul destino dei precari.
L’ALTRO FRONTE Il secondo strumento, che riguarda il saldo netto, servirà agli interventi destinati alle Regioni e al fondo Tasi