Gli effetti a cascata su enti locali e Regioni
Ogni aumento scritto nei contratti per i dipendenti statali si trasforma in una spinta analoga alle buste paga dei dipendenti di sanità, regioni ed enti locali. A finanziare ministeriali e colleghi della pubblica amministrazione centrale, però, è il governo, mentre a pagare i lavoratori regionali e comunali ci devono pensare i bilanci locali e il fondo sanitario. Anzi, la manovra stessa è intervenuta con un emendamento per chiarire che, nel caso della sanità, i soldi aggiuntivi per il rinnovo vanno trovati proprio nel fondo.
Questo meccanismo mette in una condizione difficile gli amministratori locali. Governatori e sindaci, naturalmente, non possono far trasparire troppo la loro preoccupazione per i costi che saranno prodotti dai nuovi contratti, perché la condizione del «datore di lavoro» che prova a lesinare sugli stipendi non è esattamente la più produttiva sul piano del consenso politico. La preoccupazione, però, c’è, proprio a causa dell’automatismo che caricherebbe sui loro bilanci i riflessi di una decisione presa al centro.
I numeri del resto non sono da poco. Nella sanità lavorano circa 664mila persone, a cui si aggiungono i 566mila dipendenti di Regioni ed enti locali: su questi comparti, insomma, si scarica un costo simile a quello previsto per gli 1,3 milioni di dipendenti statali interessati direttamente dalla trattativa sui contratti.
La questione più delicata è quella della sanità, sia per il numero di dipendenti sia per l’impatto sul fondo sanitario, che è stato al centro del dibattito politico della manovra. L’aumento a 113 miliardi c’è stato, ma tra quote vincolate della spesa e peso dei nuovi contratti, il conto finale è ancora tutto da valutare.
Negli enti di area vasta, Città metropolitane e Province, l’effetto di un rinnovo contrattuale si scaricherebbe su bilanci che in base ai numeri ufficiali sono già oltre il limite con il pagamento degli stipendi attuali, mentre nei Comuni l’entità del “colpo” e la sua gestione dipendono dallo stato dei conti di ogni amministrazione. L’aumento di costi determinato dal rinnovo viene sterilizzato nei calcoli sul rispetto dei vari limiti di spesa del personale, ma il costo vivo ovviamente rimane.
Nelle intenzioni dei sindaci, poi, l’anno prossimo dovrebbero aprirsi anche nuovi spazi per le assunzioni, con un ritocco al rialzo dei vincoli per il turn over. Alla Camera l’emendamento sul tema, al centro di una serrata trattativa fra Governo e amministrazioni locali, non ha trovato spazio nel testo che oggi va al voto dell’Aula, ma la questione non è chiusa.
Il capitolo assunzioni, insieme alla suddivisione dei due fondi che Regioni ed enti locali si dovranno spartire per risolvere le loro numerose emergenze di bilancio, è stato rimandato al passaggio al Senato, e anche per questa partita il risultato è rimandato a dopo il referendum. Resta il fatto che le voci da affrontare sono molte, ma il bilancio a cui attingere è sempre lo stesso: ed è evidente che gli aumenti contrattuali entreranno nei fatti in “concorrenza” con le possibilità di assunzione, nel consueto tiro alla fune fra le molteplici esigenze di organici schiacciati da anni sia sul piano delle retribuzioni sia su quello dei nuovi ingressi.