Stress test per le associazioni sportive
Le condizioni da r ispettare in caso di contestazioni per ottenere e mantenere i vantaggi riservati ai circoli dei soci Trasparenza e coinvolgimento degli iscritti nella gestione e nelle imputazioni delle quote
pNegli ultimi anni si è diffuso l’utilizzo di strutture associative per praticare lo sport a livello amatoriale. Una diffusione dovuta anche a importanti agevolazioni fiscali (in particolare, l’articolo 90 della legge 289/2002) che richiedono, però, il rispetto di una serie di adempimenti formali e una caratterizzazione sostanziale sulle modalità di svolgimento delle attività stesse.
Si tratta di norme agevolative ulteriori rispetto al regime di favore previsto per gli enti non commerciali dagli articoli 143 e seguenti del Tuir per le imposte dirette e dall’articolo 4 del Dpr 633/72 ai fini Iva.
Le quote associative
Una delle maggiori criticità per le associazioni sportive è la corretta qualificazione dell’ importo dovuto a titolo di quota annuale di iscrizione dell’associato, nonché dell’eventuale corrispettivo correlato a talune attività organizzate e gestite dall’ente.
Sia la giurisprudenza sia la prassi sono concordi nel ritenere la non imponibilità di entrambi i proventi in presenza di determinate condizioni. Tuttavia, l’articolo 143, comma 1, secondo periodo, del Tuir dispone che le prestazioni di servizi non siano considerate attività commerciali «qualora non eccedano i costi di diretta imputazione». Per questi ultimi, le Entrate si sono espresse (circolare 124 del 12 maggio 1998) nel senso di computare, in questo conteggio, tutti i costi diretti e necessari per realizzare i servizi in conformità alle finalità sportive.
Nei costi indiretti, invece, rientrano gli ammortamenti delle attrezzature e più in generale dei beni strumentali indispensabili per concretizzare l’attività. Secondo l’Agenzia, quindi, non sarebbero includibili le spese generali, tra le quali si annoverano le ulteriori spese per il funzionamento dell’associazione.
L’Agenzia è da sempre molto attenta ad analizzare le varie tipologie di spese generali, perché al loro interno potrebbero “annidarsi” delle uscite che aggirano il divieto assoluto di distribuire utili (nella tabella alcuni suggerimenti utili).
Per l’inquadramento dei proventi (si veda anche l’articolo a fianco), le quote associative dovrebbero servire a contribuire al pagamento dei costi di funzionamento dell’associazione mentre i corrispettivi specifici, richiesti ai soci, dovrebbero essere asserviti alla sola copertura delle attività poste in essere dall’associazione: queste ultime, incluse quelle di natura commerciale, devono comunque rappresentare il naturale completamento delle finalità dell’ente (Corte di cassazione, sezione V tributaria, sentenza 6340/2002).
È indispensabile quindi adottare idonei criteri gestionali quali un business plan, annuale e preventivo, per individuare i necessari ribaltamenti economici e finanziari che consentano di identificare “con certezza fiscale” i costi diretti necessari a svolgere l’attività sportiva.
La trasparenza
I bilanci preventivi dovranno essere inoltre approvati dai soci in modo tale da rendere trasparenti e condivise le scelte economico-finanzia- rie dell’associazione.
Alla trasparenza e condivisione, si deve unire una gestione democratica e altamente partecipativa dell’associazione. Nell’ordinamento non ci sono parametri per le modalità partecipative. Ma questo concetto è stato meglio declinato dalla Ctr Lombardia, sezione di Brescia (sentenza 2894/67/16 del 8 febbraio scorso), che ha sottolineato come «in questo tipo di associazioni sono sempre gli stessi associati che vivacizzano la vita associativa e la stimolano, ma questo non prova affatto che gli altri associati non siano associati» e che concretamente «a chi si associa interessa il tipo di attività non certo la sua natura».
Si può prevedere negli statuti la possibilità di partecipare e votare in assemblea anche tramite deleghe (limitate) o per mezzo di videoconferenze. Questo consentirebbe di ovviare al problema della democraticità partecipativa sulla quale sono stati fondati tanti avvisi di accertamento emessi dalle Entrate.
Illuminante risulta una sentenza della Ctr Milano (sezione 24, n. 3960/24/2016 del 7 giugno scorso). Nell’occasione i giudici meneghini inquadrano così la scarsa partecipazione dei soci all’assemblea: «Si tratta di un dato empirico che depone per lo scarso interesse di molti soci all’attività sociale in senso proprio, ma non si presta a identificare una puntuale violazione dei requisiti prescritti dall’articolo 148, comma 8, lettera c) del Tuir».