UNA SFIDA CHE VALE UN PROGETTO-PAESE
In una fase di grave crisi politica e sociale l’incontro avvenuto ieri con i rappresentanti dei sindacati confederali sul “Patto per la fabbrica” lanciato da Confindustria si è concluso positivamente, con una nota congiunta che in pratica può dar vita a un “Progetto-Paese” che valga a rilancia- re l’economia e l’occupazione, e a contrastare perciò nuove diseguaglianze e povertà. Anche i sindacati pongono infatti la “questione industriale” al centro di un impegno comune nell’interesse della collettività. D’altronde la sfida cruciale, imposta dalla quarta rivoluzione industriale con l’avvento del digitale, richiede il coinvolgimento di tutte le componenti, a vario titolo, del sistema produttivo per il conseguimento (spingendo sul pedale dell’innovazione e dell’internazionalizzazione) di maggiori livelli di produttività e competitività.
Eciò in base a un modello di gestione della fabbrica, segnato dall’intreccio fra partecipazione e responsabilizzazione, quale leva indispensabile per la promozione e il consolidamento di un’industria ad alta intensità di investimenti e alto valore aggiunto, in sintonia con le recenti dinamiche della globalizzazione. L’industria manifatturiera costituisce tuttora la spina dorsale della nostra economia, in quanto contribuisce al 16 per cento del Pil e genera molteplici effetti indotti in altri comparti. Ma, per mantenere questo suo peso specifico e il secondo posto in Europa nelle esportazioni, la chiave di volta è una politica industriale per fattori di sviluppo abilitanti alla produzione 4.0 e coerenti con una valida strategia di medio periodo.
A tal fine risulta indispensabile costruire, innanzitutto, un nuovo genere di rapporti fra imprese e sindacati che abbia quale obiettivo, nell’interesse comune e con una visione al futuro di un Paese più moderno e coeso, la trasformazione della fabbrica in un laboratorio di risorse e competenze che renda possibile un salto di qualità di ordine strutturale e culturale in linea con un complesso di innovazioni che stanno cambiando sia i modi di organizzare il lavoro e di produrre, sia i modi di comunicare e agire sui mercati. Che è quanto riguarda l’intero universo imprenditoriale e, in primo luogo, gran parte delle Pmi che popolano i nostri distretti industriali ma che si trovano in mezzo al guado, in quanto non basta più, per seguitare a farcela, né una singolare capacità creativa né un certo grado di flessibilità.
Di fatto, per l’avvio di un’effettiva cooperazione in termini propulsivi fra i due principali attori del mondo della fabbrica, occorre che entrambi mettano da parte certi reciproci rituali conflittuali, tattici o pregiudiziali, improntati da una logica “muscolare”, per inaugurare una stagione di relazioni industriali imperniate su un confronto aperto e costruttivo, finalizzato alla ricerca di soluzioni efficaci e appropriate per tenere il passo con i mutamenti pervasivi quanto ineludibili di scenario e di prospettiva in corso su scala mondiale.
Spetta perciò alla Confindustria e ai sindacati orientare adesso la propria azione affinché, da corpi intermedi finora arroccati per lo più su una stretta difesa dei rispettivi interessi di categoria, assumano il ruolo di soggetti sociali eminenti, quali protagonisti di un’evoluzione del sistema economico su frontiere avanzate.
A questo riguardo si dovrebbe cominciare in pratica col porre le basi di uno scambio salario-produttività, concertato fra le parti, quale baricentro della contrattazione aziendale e, insieme, quale piattaforma per ulteriori passaggi volti a una metamorfosi del tessuto produttivo. Soltanto dando vita a un circolo virtuoso di partenariato sarà infatti possibile favorire gli investimenti e attivare (mediante adeguati strumenti di formazione o riqualificazione di tute blu e quadri intermedi) una valorizzazione del capitale umano, ossia di un patrimonio di attitudini, conoscenze ed esperienze di lavoro altrimenti destinate all’obsolescenza.
Un “Patto per la fabbrica”, tale da segnare
IL PERCORSO La chiave di volta è una politica industriale per fattori di sviluppo abilitanti alla produzione 4.0
GLI ATTORI Si deve confidare sia su un contributo delle banche sia su un’azione di governo dell’economia
quell’autentica svolta di cui la nostra industria ha assoluto bisogno, anche per crescere di statura, comporta in sostanza una condivisione di metodi e contenuti, fra imprese e sindacati, per gestire insieme una transizione equilibrata e sostenibile verso la mèta della produzione 4.0, al di là di una tenace ma contingente “resilienza” come finora è avvenuto.
A giudicare dall’esito dell’incontro di ieri, si è cominciato a fare un passo importante in questa direzione, in quanto si è stabilita un’agenda di lavoro sui temi del welfare, della bilateralità, del riordino della rappresentanza e dei perimetri contrattuali. Adesso, per assecondare questo impegnativo percorso, si deve confidare sia su un concreto contributo delle banche sia su una sagace opera di governo dell’economia. In proposito si sono manifestati ultimamente alcuni segnali tangibili. Ci riferiamo, da un lato, alla moratoria di un anno per il saldo dei mutui contratti dalle imprese per il rinnovo degli impianti; dall’altro, al fatto che nella Legge di bilancio figura una norma che eleva la detassazione del salario di produttività, e che un decreto del ministero dello Sviluppo economico prevede tempi più brevi per il via libera agli accordi riguardanti i “contratti 4.0” che premiano le aziende che investono.