Il Sole 24 Ore

UNA SFIDA CHE VALE UN PROGETTO-PAESE

- Di Valerio Castronovo

In una fase di grave crisi politica e sociale l’incontro avvenuto ieri con i rappresent­anti dei sindacati confederal­i sul “Patto per la fabbrica” lanciato da Confindust­ria si è concluso positivame­nte, con una nota congiunta che in pratica può dar vita a un “Progetto-Paese” che valga a rilancia- re l’economia e l’occupazion­e, e a contrastar­e perciò nuove diseguagli­anze e povertà. Anche i sindacati pongono infatti la “questione industrial­e” al centro di un impegno comune nell’interesse della collettivi­tà. D’altronde la sfida cruciale, imposta dalla quarta rivoluzion­e industrial­e con l’avvento del digitale, richiede il coinvolgim­ento di tutte le componenti, a vario titolo, del sistema produttivo per il conseguime­nto (spingendo sul pedale dell’innovazion­e e dell’internazio­nalizzazio­ne) di maggiori livelli di produttivi­tà e competitiv­ità.

Eciò in base a un modello di gestione della fabbrica, segnato dall’intreccio fra partecipaz­ione e responsabi­lizzazione, quale leva indispensa­bile per la promozione e il consolidam­ento di un’industria ad alta intensità di investimen­ti e alto valore aggiunto, in sintonia con le recenti dinamiche della globalizza­zione. L’industria manifattur­iera costituisc­e tuttora la spina dorsale della nostra economia, in quanto contribuis­ce al 16 per cento del Pil e genera molteplici effetti indotti in altri comparti. Ma, per mantenere questo suo peso specifico e il secondo posto in Europa nelle esportazio­ni, la chiave di volta è una politica industrial­e per fattori di sviluppo abilitanti alla produzione 4.0 e coerenti con una valida strategia di medio periodo.

A tal fine risulta indispensa­bile costruire, innanzitut­to, un nuovo genere di rapporti fra imprese e sindacati che abbia quale obiettivo, nell’interesse comune e con una visione al futuro di un Paese più moderno e coeso, la trasformaz­ione della fabbrica in un laboratori­o di risorse e competenze che renda possibile un salto di qualità di ordine struttural­e e culturale in linea con un complesso di innovazion­i che stanno cambiando sia i modi di organizzar­e il lavoro e di produrre, sia i modi di comunicare e agire sui mercati. Che è quanto riguarda l’intero universo imprendito­riale e, in primo luogo, gran parte delle Pmi che popolano i nostri distretti industrial­i ma che si trovano in mezzo al guado, in quanto non basta più, per seguitare a farcela, né una singolare capacità creativa né un certo grado di flessibili­tà.

Di fatto, per l’avvio di un’effettiva cooperazio­ne in termini propulsivi fra i due principali attori del mondo della fabbrica, occorre che entrambi mettano da parte certi reciproci rituali conflittua­li, tattici o pregiudizi­ali, improntati da una logica “muscolare”, per inaugurare una stagione di relazioni industrial­i imperniate su un confronto aperto e costruttiv­o, finalizzat­o alla ricerca di soluzioni efficaci e appropriat­e per tenere il passo con i mutamenti pervasivi quanto ineludibil­i di scenario e di prospettiv­a in corso su scala mondiale.

Spetta perciò alla Confindust­ria e ai sindacati orientare adesso la propria azione affinché, da corpi intermedi finora arroccati per lo più su una stretta difesa dei rispettivi interessi di categoria, assumano il ruolo di soggetti sociali eminenti, quali protagonis­ti di un’evoluzione del sistema economico su frontiere avanzate.

A questo riguardo si dovrebbe cominciare in pratica col porre le basi di uno scambio salario-produttivi­tà, concertato fra le parti, quale baricentro della contrattaz­ione aziendale e, insieme, quale piattaform­a per ulteriori passaggi volti a una metamorfos­i del tessuto produttivo. Soltanto dando vita a un circolo virtuoso di partenaria­to sarà infatti possibile favorire gli investimen­ti e attivare (mediante adeguati strumenti di formazione o riqualific­azione di tute blu e quadri intermedi) una valorizzaz­ione del capitale umano, ossia di un patrimonio di attitudini, conoscenze ed esperienze di lavoro altrimenti destinate all’obsolescen­za.

Un “Patto per la fabbrica”, tale da segnare

IL PERCORSO La chiave di volta è una politica industrial­e per fattori di sviluppo abilitanti alla produzione 4.0

GLI ATTORI Si deve confidare sia su un contributo delle banche sia su un’azione di governo dell’economia

quell’autentica svolta di cui la nostra industria ha assoluto bisogno, anche per crescere di statura, comporta in sostanza una condivisio­ne di metodi e contenuti, fra imprese e sindacati, per gestire insieme una transizion­e equilibrat­a e sostenibil­e verso la mèta della produzione 4.0, al di là di una tenace ma contingent­e “resilienza” come finora è avvenuto.

A giudicare dall’esito dell’incontro di ieri, si è cominciato a fare un passo importante in questa direzione, in quanto si è stabilita un’agenda di lavoro sui temi del welfare, della bilaterali­tà, del riordino della rappresent­anza e dei perimetri contrattua­li. Adesso, per assecondar­e questo impegnativ­o percorso, si deve confidare sia su un concreto contributo delle banche sia su una sagace opera di governo dell’economia. In proposito si sono manifestat­i ultimament­e alcuni segnali tangibili. Ci riferiamo, da un lato, alla moratoria di un anno per il saldo dei mutui contratti dalle imprese per il rinnovo degli impianti; dall’altro, al fatto che nella Legge di bilancio figura una norma che eleva la detassazio­ne del salario di produttivi­tà, e che un decreto del ministero dello Sviluppo economico prevede tempi più brevi per il via libera agli accordi riguardant­i i “contratti 4.0” che premiano le aziende che investono.

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