La Consulta respinge le accuse: «Sui tempi rispettate le regole»
Scatta la controffensiva della Corte costituzionale. A chi, come la Lega Nord e Fratelli d’Italia, la accusa di essere stata «folle» per aver fissato l’udienza di discussione dell’Italicum a un mese e mezzo di distanza - il 24 gennaio 2017 -, la Consulta ha replicato ieri con un uno-due: a fine mattinata, un primo comunicato «sottolinea» che la fissazione avviene nel rispetto delle «regole degli organi giurisdizionali», per cui la scelta di una data anteriore al 24 gennaio era impossibile, se non al prezzo di impedire alle parti in causa «di costituirsi e presentare memorie»; nel tardo pomeriggio, un secondo e lunghissimo comunicato spiega che alle ordinanze dei Tribunali di Messina, Torino e Perugia si è aggiunta in via d’urgenza anche quella del Tribunale di Trieste, arrivata in cancelleria solo il 5 dicembre scorso e la cui trattazione, nonostante l’abbreviazione dei tempi tecnici previsti dalle «regole», si sarebbe potuta anticipare al massimo al 19-20 gennaio, appena quattro giorni prima della data poi fissata per l’udienza. Dalla quale rimarrà fuori, invece, l’ordinanza del Tribunale di Genova, non ancora arrivata a Palazzo della Consulta. Complessivamente, saranno esaminate circa una decina di censure riguardanti l’Italicum, salvo una che investe invece il Consultellum (cioè quel che resta del Porcellum dopo la bocciatura della Corte nel 2014) là dove, per l’elezione del Senato, prevede soglie di sbarramento diverse da quelle stabilite per la Camera (Il Sole 24 Ore del 6 dicembre).
La Corte ha voluto rispondere così a quanti hanno visto nella tempistica sulla fissazione dell’udienza una zeppa sulla strada di elezioni anticipate addirittura a febbraio, ipotizzate in un primo tempo da Alfano e da Renzi e poi dalla Lega e da Fratelli d’Italia. I giudici di Palazzo della Consulta hanno dovuto tener conto di una serie di esigenze (si veda il Sole 24 Ore di ieri), alcune imposte, appunto, dalle «regole degli organi giurisdizionali», come quella di garantire il più ampio contraddittorio delle parti. Perciò hanno cercato di includere nella trattazione sull’Italicum il maggior numero di ordinanze pervenute, e quindi di contestazioni, e quindi, soprattutto, di argomentazioni a sostegno di quelle contestazioni. Argomentazioni altrimenti destinate a rimanere fuori dal giudizio di legittimità costituzionale ma, come una spada di Damocle, ad essere riproposte in un secondo momento, dopo la sentenza. Nelle stanze di Palazzo della Consulta spiegano che la Corte cerca sempre di trattare insieme, riunendole, le questioni sullo stesso argomento, per captare tutte le posizioni. In questo caso, «si è fatto il massimo» per allargare il perimetro di valutazione all’ordinanza di Trieste, abbreviando i termini, ma la prima udienza utile era quella del 24 gennaio. Nulla si è potuto fare per quella di Genova, ancora non arrivata alla Corte.
Non è escluso, fra l’altro, che la motivazione della sentenza esca a stretto giro di posta rispetto alla decisione, prevista per lo stesso 24 gennaio o, al massimo, il giorno dopo, unitamente a un comunicato che ne spiegherà i punti salienti. Tanto più se sarà un verdetto di incostituzionalità dell’Italicum. Numerose le disposizioni nel mirino: da quella sul capolista acchiappa-voti un po’ dappertutto o che può scegliersi il collegio attraverso cui approdare in Parlamento a quella sul ballottaggio fino alla soglia di sbarramento e al premio di maggioranza. L’Italicum non verrà cancellato ma corretto, per garantire comunque un sistema elettorale funzionante, anche se, probabilmente, il Parlamento dovrà rimetterci le mani, soprattutto se si punta a un proporzionale puro. Ma attendere la Consulta è indispensabile. Mentre sarebbe impensabile andare al voto (anticipato) con l’Italicum così com’è, pur essendo una legge in vigore, non solo perché non è un sistema omogeneo a quello del Senato ma soprattutto perché votare in pendenza di un giudizio di costituzionalità sulla legge elettorale è un rischio costituzionale troppo alto per il futuro Parlamento.
LE MOTIVAZIONI La Corte: «Inclusa l’ordinanza di Trieste, fuori tempo quella di Genova. Impossibile anticipare di più»