Il Pd stoppa il governo di legislatura
Renzi: esecutivo di tutti o elezioni dopo la Consulta - Tensione nel partito sui tempi del voto
p «Rimaniamo in carica per l’ordinaria amministrazione. Intanto domani torno a casa per festeggiare gli 86 anni della mia nonna più giovane. E speriamo che domattina alla Playstation nel torneo con i miei figli di avere più fortuna di quanta ne ho avuta qui con qualcun altro...». Matteo Renzi saluta così i dirigenti del suo partito riuniti nella direzione. Una direzione senza dibattito e senza voto, solo per le comunicazioni del segretario. «Prima va chiusa la crisi istituzionale - ha spiegato - poi apriremo la discussione nel partito». Crisi di governo formalmente apertasi con le dimissioni da presidente del Consiglio presentate al Capo dello Stato alle 19.00 di ieri.
La linea politica è quella anticipata ieri dal Sole 24 Ore e ribadita con una e-news poco prima del discorso in direzione: o si fa un governo di responsabilità nazionale con «tutti dentro» (che poi quel tutti in realtà può essere anche solo qualcuno, basta che non si replichi l’attuale maggioranza) o la strada è quella del ritorno al voto il prima possibile. Non può essere febbraio? Renzi ha preso atto della decisione della Corte costituzionale di fissare l’udienza sui ricorsi contro l’Italicum il 24 gennaio. E allora si aspetterà il pronunciamento dei giudici per avere una legge elettorale coerente tra Camera e Senato e si voterà a fine marzo o agli inizi di aprile. Basta che sia chiaro che una stagione è finita e che il Pd «non può prendersi ancora in solitudine la responsabilità di un governo, questa solitudine l’abbiamo già pagata abbastanza». Chiaro il riferimento all’esperienza del governo Monti, con il Pd a sostenerlo nelle politiche di austerità mentre fuori il Palazzo si ingrossava la protesta grillina. Ecco, quella che ieri Renzi ha voluto chiudere - e non senza tensioni con l’ala della stabilità rappresentata dalla “pancia” dei gruppi parlamentari di Area dem che fanno riferimento a Dario Franceschini - è la strada del «quarto governo non eletto» ap- poggiato o guidato dal Pd e del «terzo sostenuto dal trasformismo di Alfano e Verdini»
La palla ora è nelle mani degli altri partiti, facciano loro una proposta. «Toccherà ai gruppi parlamentari decidere che cosa fare. Vorranno andare subito alle elezioni? Nel caso si dovrà attendere la sentenza della Consulta di martedì 24 gennaio e poi votare con le leggi elettorali così come modificate dalla Consulta. Se invece i gruppi parlamentari vorranno invece andare avanti con questa legislatura, dovranno indicare la propria disponibilità a sostenere un nuovo governo che affronti la legge elettorale ma soprattutto un 7 Con governo di responsabilità si intende la nascita di un nuovo esecutivo che coinvolga anche le opposizioni (tutte o solo alcune) con lo scopo di salvare la legislatura e portare avanti le scadenze più importanti per l’Italia (a partire dal G7 di Taormina a maggio). La richiesta di un governo di responsabilità è venuta ieri da Renzi dopo la sua decisione di dare le dimissioni a seguito della vittoria del No al referendum costituzionale. In caso di fallimento di questa proposta, la strada è aspettare la decisione della Consulta sull’Italicum e poi andare al voto dopo il 24 gennaio con la legge disegnata dalla Corte 2017 molto importante a livello internazionale: i 60 anni dell’Unione europea, i vari G7 a cominciare da quello di Taormina, la presidenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Sarà interessante capire che cosa pensano di tutto questo i partiti del No al referendum». La stessa scelta di non far parte della delegazione che parteciperà alle consultazioni del Capo dello Stato è indicativa della distanza anche fisica - con il ritorno a casa dalla famiglia per l’Immacolata - che Renzi vuole mettere in questa fase: è il momento del Quirinale e degli altri partiti. La delegazione sarà guidata dal presidente del Pd Matteo Orfini, dal vicesegretario Lorenzo Guerini e dai due capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda. E la direzione del partito resta «convocata in modo permanente per consentire alla delegazione di venire a riferire quando vi saranno elementi di novità». La crisi, almeno nel Pd, sarà in streaming e ogni passaggio sarà sottoposto a ratifica da parte della direzione.
Quanto ai temi politici che riguardano il Pd, Renzi ha riconosciuto che ci sarà una discussione da fare. Innanzitutto sul cammino di «un partito a vocazione maggioritaria come il nostro in un quadro in cui, con la bocciatura della riforma, resta il bicameralismo paritario con due Camere elette in modo diverso e con due elettorati diversi». Renzi rivela un colloquio su questi temi in mattinata con Giorgio Napolitano. E la conseguenza è che con un sistema proporzionale più o meno “corretto” come quello verso il quale si sta andando va riaperta la riflessione sulle alleanze. «Giuliano Pisapia ha cominciato a porre questioni tutt’altro che banali, il tema c’è, è chiaro e forte e lo affronteremo più avanti», ha detto riferendosi alla discesa in campo dell’ex sindaco di Milano per guidare la sinistra che sta fuori dal Pd nell’ottica di un’alleanza di governo. Ma Pisapia ha posto anche una condizione, appunto, non banale: che dal nuovo centrosinistra ne stiano fuori Alfano e Verdini.
APERTURA A SINISTRA Il segretario: Pisapia, con la sua discesa in campo per guidare la sinistra fuori dal Pd, «pone questioni non banali, il tema lo affronteremo più avanti»