Renzi si è dimesso, consultazioni da oggi
Avanza l’ipotesi governo di scopo Gentiloni per votare in primavera - Le alternative: reincarico o «istituzionale»
pLe dimissioni da presidente del Consiglio arrivano infine alle 19.00. Dopo il via libera alla legge di bilancio in Senato con il sì alla fiducia (173 i sì, un buon risultato) e dopo le comunicazioni alla direzione del Pd nella veste di segretario. L’incontro con Sergio Mattarella dura mezz’ora e i collaboratori dei due presidenti parlando di un clima «sereno e disteso» dopo le tensioni dei giorni scorsi dovute al dibattito pubblico sul voto subito, addirittura in inverno (era stato il ministro dell’Interno Angelino Alfano a puntare una fiche su febbraio parlando in tv). Dibattito che ha indotto il Presidente alla precisazione di martedì sera tramite il quotidiano on line Huffington post: non si può andare al voto senza una legge elettorale coerente tra Camera e Senato e mentre si attende una sentenza sull’Italicum da parte della Consulta. E dal Quirinale si sottolinea come il “richiamo” non volesse essere rivolto a Renzi in particolare ma a tutti i partiti e i leader che hanno cominciato a invocare elezioni immediate con il maggioritario Italicum alla Camera e il proporzionale Consultellum al Senato (da Matteo Salvini a Beppe Grillo).
Questione di ragione istituzionale, quella avanzata da Mattarella, che Renzi ha naturalmente recepito segnando in rosso la data della sentenza della Consulta: il 24 gennaio. E il ragionamento del premier dimissionario al Capo dello Stato parte da qui: il Pd è disponibile a dare vita a un governo di responsabilità nazionale, con dentro tutti o almeno qualche partito delle attuali opposizioni, che metta mano alla legge elettorale e soprattutto affronti i molteplici impegni internazionali del 2017 (dal sessantenario a Roma dell’Ue al G7 di Taormina). Un governo che potenzialmente potrebbe arrivare alla scadenza della legislatura nel febbraio 2018. E questa è la prima opzione. Ma ove questa soluzione non fosse possibile e tutti o quasi i partiti indicassero la strada delle urne allora il Pd è per dichiarare chiusa una stagione ed andare al voto il prima possibile, dopo aver recepito la sentenza della Consulta sulla legge elettorale.
Con le dimissioni di Renzi, che resta comunque in carica per «l’ordinaria amministrazione», si apre dunque formalmente la crisi di governo, la prima a dover essere gestita da Mattarella. Si parte stasera alle 18 con i presidenti delle Camere e l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e si finisce sabato sera con i partiti più grandi: Fi, M5S e appunto il partito del premier dimissionario. Renzi non farà parte come segretario della delegazione del Pd che sarà ricevuta al Quirinale: ci saranno il presidente del partito Matteo Orfini, il vicesegretario Lorenzo Guerini e i capigruppo Luigi Zanda ed Ettore Rosato. E il tentativo di fare un gover- no con una maggioranza allargata, sottolineano i protagonisti, è serio ed è la prima opzione del Pd. Dipenderà davvero dall’atteggiamento degli altri partiti, e intanto si sottolinea l’apertura di Sinistra italiana a un governo a tempo per rifare la legge elettorale sulla base delle indicazioni che darà la Consulta. Insomma, è davvero presto per pensare subito allo scenario B. Eppure, naturalmente, anche di questo si ragiona in casa renziana: nell’ipotesi di un governo che si regga sull’attuale maggioranza per traghettare il Paese al voto il prima possibile (tra fine marzo e inizio aprile) non è escluso del tutto che Renzi non possa accettare,in mancanza di soluzioni alternative, di restare al suo posto. Anche se ieri sera, con i suoi, escludeva il reincarico: «Non lo cerco, non lo voglio». Certo, in pochi fuori dal Palazzo capirebbero la differenza tra un governo di fatto dimissionario che porti alle elezioni e un governo vero, e Renzi si esporrebbe alle accuse di Lega e M5S di voler restare attaccato alla poltrona. Per questo, sempre per lo scenario B, ieri si faceva il nome del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, uomo politicamente vicino a Renzi. E non è esclusa neppure l’ipotesi di governo «istituzionale». Per il leader Pd l’importante è evitare l’ennesimo governo sostenuto dal Pd per arrivare a fine legislatura. Ma ora la palla è nelle mani di Mattarella e dei partiti di opposizione. E per sottolineare il non protagonismo dei prossimi giorni Renzi si allontana anche fisicamente da Palazzo Chigi per raggiungere la famiglia a Pontassieve.
TRA I PIÙ ACCREDITATI Per guidare un governo che traghetterebbe il Paese al voto, il nome più gettonato è quello di Paolo Gentiloni
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