Si scommette sulla Bce, rally dei bond periferici
Gli acquisti interessano i governativi di Italia, Spagna, Portogallo e anche Grecia: lo spread dei BTp sui Bund scende a 154 punti base
pIl mercato continua a comprare i bond governativi dei Paesi periferici in vista del direttivo Bce di oggi da cui ci si attende un rinnovo delle misure di stimolo monetario. Nonostante l’incertezza politica legata al risultato referendario e alle conseguenti dimissioni del premier Matteo Renzi anche ieri si è registrato un calo generalizzato dei tassi sui titoli italiani. A partire da quelli dei BTp a 10 anni che, dopo aver superato abbondantemente la quota del 2% nelle sedute che hanno preceduto il referendum, ieri hanno chiuso a quota 1,89% con lo spread sull’analogo Bund tedesco a quota 154 punti. Anche i prezzi dei credit default swap, cioè i derivati che funzionano come polizze di assicurazione sul rischio default, sono ampia- mente scesi. Il cds a 5 anni sul debito italiano, che alla vigilia del voto si era portato sui livelli post-Brexit a 182 punti base, viaggia sotto quota 170. Gli investitori hanno comprato anche titoli di Spagna, Grecia e Portogallo. Questi ultimi in particolare hanno registrato ottime performance negli ultimi due giorni dato che il tasso del titolo a 10 anni è passato dal 3,71 al 3,50% (il rendimento viaggia in direzione inversa rispetto al prezzo).
La speculazione sui bond periferici è chiaramente det- tata dall’attesa di un rinnovo delle misure di stimolo monetario da parte della Bce che oggi terrà il suo direttivo. Un vertice che gli investitori guardano con particolare attenzione perché arriva dopo un mese, quello di novembre, segnato da una generalizzata ondata di vendite sul reddito fisso sulla scia della generale ripresa delle aspettative inflazionistiche. Con la Fed ormai orientata verso il rialzo dei tassi ci si chiede se la Bce, la cui strategia resta al momento chiaramente divergente, possa dare qualche indicazione sulla propria strategia futura di uscita dalla fase di politica ultraespansiva. Se e quando ci potrà essere un «tapering», ossia una graduale riduzione degli stimoli. Del tema si parla da tempo tra gli addetti ai lavori anche se il passaggio non sem- bra i mmediato considerato che l’inflazione nell’area euro, per quanto in risalita, viaggia ancora lontana dagli obiettivi fissati da statuto (sotto ma vicino al 2%). Il mercato in ogni caso analizzerà attentamente la retorica del presidente Mario Draghi per i ntercettare qualsiasi segnale in questa direzione. Pronto ad ogni evenienza e memore di quanto successo al direttivo di 12 mesi fa quando la Bce deluse i mercati provocando una brusca impennata dell’euro.
Se è vero che qualsiasi indicazione su una futura graduale riduzione degli stimoli viene vista come una potenziale spada di Damocle in grado di far cambiare rotta a tassi e valute è anche vero che le aspettative restano comunque quelle di un rinnovo del piano di stimoli monetari. La sca- denza naturale del piano di Quantitative easing, attualmente fissata a marzo del prossimo anno, dovrebbe subire uno slittamento di sei mesi. Oppure un’altra ipotesi che circola è di un rinvio più lungo (9 mesi) ma con una contestuale riduzione dell’ammontare mensile degli acquisti.
Dato per scontato un rinvio per gli investitori sarà poi cruciale capire come l’Eurotower vorrà gestire il problema della scarsità di titoli acquistabili. Un nodo sul cui scioglimento la Bce ha potuto prendere tempo visto che la recente risalita dei tassi ha ridotto il controvalore dei titoli esclusi dal Qe (erano 1760 miliardi a inizio mese, oggi sono 1300). Se tuttavia ci sarà un rinnovo del piano una soluzione andrà trovata per forza di cose.
IL DUBBIO TAPERING Con la Fed orientata al rialzo dei tassi ci si chiede quando potrà verosimilmente esserci una riduzione degli acquisti di bond da parte della Bce