L’aria di Taranto è come a Roma
Per donne e bambini che vivono vicini all’Ilva risultati in linea con i dati epidemiologici Presentato ieri uno studio comparativo del ministero della Salute sugli effetti degli inquinanti «genotossici»
p «Gli inquinanti genotossici aerodispersi analizzati» presentano per Taranto «un carico non superiore a quello di Roma, almeno relativamente alle aree coperte dalle stazioni di campionamento». È uno dei punti fermi dello studio (238 pagine) presentato ieri a Roma dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con l’Asl di Taranto, l’Arpa Puglia, l’Ares Puglia, la Regione Emilia Romagna e l’Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento. Scopo del progetto, la «valutazione dell’esposizione di gruppi di popolazione residente in aree di Taranto prossime all’Ilva a confronto con aree non impattate dalle emissioni dell’Ilva stessa». Questo per analizzare il «possibile impatto sulla salute ri- produttiva femminile e su funzioni cognitive in popolazioni pediatrica in considerazione della molteplicità di inquinanti rilevati a Taranto». Il campionamento ha riguardato da un lato 60-80 donne con diagnosi certa di endometriosi e altre 60-80 che si sono sottoposte a laparoscopia per altri motivi e dall’altro 299 bambini in età scolare. Dai 6 agli 11 anni, «suddivisi equamente fra maschi e femmine e residenti in aree a distanza incrementale dalla zona di emissione industriale, con la zona Tamburi, più vicina alle sorgente emissive, StattePaolo-VI-Taranto, e l’area di Talsano più lontana». Fatta poi una comparazione tra Taranto e Roma con quattro siti di indagine: Roma, viale Regina Elena; Viterbo, area rurale; Taranto, via Machiavelli nel rione Tamburi a Taranto; Statte. Il comune di Statte e i Tamburi sono in prossimità dell’Ilva.
Lo studio riprende i dati Ispra e dice «relativamente alla qualità dell’aria ambiente in Italia per gli anni 2013-2014», che «la concen- trazione del benzoapirene, considerato tracciante per la famiglia degli IPA», gli idrocarburi policiclici aromatici, «è in netto calo sia a Taranto che a Roma, attestandosi a concentrazioni ben inferiori al limite normativo».
Venendo alle donne sottoposte a indagine, si osserva che le concentrazioni nel siero di diossine (PCDD e PCDF) e policlorobifenili (PCB) «sono in linea con i valori osservati in un recente studio su gruppi di donne della popolazione generale italiana con caratteristiche confrontabili a quelle dello studio». E a fronte di «un aumento dei livelli ematici di diossine e PCB», è «associato un contenuto incremento di rischio di endometriosi» (quest’ultima è la patologia che incide sulla fertilità femminile). Inoltre, anche se si sono rilevate alcune concentrazioni «mediamente più elevate di quelle riscontrate in altri studi», ministero e Iss chiariscono che non c’è «una correlazione tra esposizione a IPA (misurati nelle urine) ed endometriosi».
Per i bambini, invece, «una situazione di potenziale presenza di disturbi clinici e preclinici del neurosviluppo nell’area di Taranto, non riconosciuti e non adeguatamente sottoposti a interventi preventivi, terapeutici e riabilitativi». Il 15% del campione merita approfondimenti, ma «si tratta comunque di un risultato in linea con i dati epidemiologici mondiali sulle patologie del neurosviluppo»: disturbi dell’apprendimento e autismo. I disturbi riscontrati sono maggiormente evidenti nelle aree vicine alle industrie e «gli effetti neuropsicologici associati soprattutto al piombo». Ma «le concentrazioni interne di questo metallo e degli altri studiati risultano globalmente minori o dello stesso tenore di altri studi e non sono indicativi di sorgenti di esposizione specifica». Infine, se «il ruolo dell’esposizione ad agenti neurotossici risulta uno degli effetti osservati», non è però possibile «attribuire un ruolo di casualità».