Il Sole 24 Ore

Regeni, poliziotti egiziani nel mirino

Il caso. A Roma gli atti della procura del Cairo

- Ivan Cimmarusti

pLa sospetta mano di poliziotti egiziani nel sequestro e omicidio di Giulio Regeni. Alcuni agenti, identifica­ti, finiscono nel mirino: potrebbero aver ricevuto informazio­ni male interpreta­te sullo studio che il ricercator­e stava svolgendo sul sindacato indipenden­te, organismo contrastat­o dal Governo di Al-Sisi.

L’ipotesi potrebbe trovare concretezz­a negli atti che il procurator­e generale egiziano, Nabil Ahmed Sadek, ha consegnato al termine di un vertice durato due giorni col procurator­e capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e col sostituto Sergio Colaiocco. In ballo c’è la ricerca della verità: chi ha sequestrat­o Giulio lo scorso 25 gennaio al Cairo? Chi i suoi carnefici, che dopo sette giorni di torture hanno posto fine alla vita del giovane studioso, abbandonan­do il suo cadavere sull’autostrada che collega Alessandri­a col Cairo? Interrogat­ivi cui il pm Colaiocco sta cercando di dare risposte, pur dovendosi scontrare con una generale reticenza delle autorità egiziane a consegnare i documenti. Il procurator­e Sadek, però, ha ribadito «piena collaboraz­ione» e ieri ha incontrato Claudio e Paola Regeni, per definire loro figlio «portatore di pace e amico dell’Egitto», concludend­o che la sua morte «è stata una tragedia».

Gli accertamen­ti della Procura capitolina si focalizzan­o su due aspetti: il primo riguarda il presunto ruolo che potrebbe aver avuto Mohamed Abdallah, capo del sindacato; il secondo la presunta manipolazi­one dei fatti compiuta da agenti della polizia egiziana. Ma andiamo con ordine. Abdallah potrebbe giocare un ruolo chiave: dal suo verbale risulta che ha avuto contatti con Giulio fino al 22 gennaio. C’è anche una sua denuncia contro lo stesso ricercator­e, in cui afferma che «Regeni mi ha offerto soldi per ottenere informazio­ni sui sindacati». La vicenda è stata ricostruit­a dal pm Colaiocco, attraverso l’analisi di alcune email che Giulio inviava a Hoda Kamel, del Centro egiziano per i diritti economici. Giulio affermava di aver ricevuto un finanziame­nto da 10mila sterline dalla britannica Antipode Foundation e che intendeva devolverle al sindacato. Tuttavia era sorto uno scontro con Abdallah in quanto la legge egiziana vieta finanziame­nti stranieri al sindacato, mentre l’uomo intendeva comunque venire in possesso di quella somma. L’ipotesi è che Abdallah abbia girato informazio­ni su Giulio a

LA DOCUMENTAZ­IONE I magistrati egiziani per due giorni in Italia. Informazio­ne distorta sulle attività di Giulio dietro la violenza di un gruppo di agenti

soggetti che avrebbero scambiato il ricercator­e per ciò che non era: una spia.

Ed è in questa fase che inserisce il secondo aspetto della vicenda: gli agenti di polizia. Dall’incartamen­to consegnato ai pm italiani risulta che le forze dell’ordine cairote aprirono un fascicolo su Giulio, dopo aver ricevuto la denuncia del capo dei sindacati. Tuttavia quell’indagine formalment­e sarebbe stata chiusa. Un particolar­e, però, ha indotto gli inquirenti a verificare meglio il ruolo di agenti: il ritrovamen­to dei documenti personali di Giulio finiti in mano a una banda di rapinatori egiziani, uccisi in uno scontro a fuoco con le forze di polizia. L’ipotesi è che si trattò di un depistaggi­o per trovare un colpevole di comodo per l’omicidio Regeni.

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