Time incorona Trump «Person of the Year»
Donald Trump è la “Persona dell’anno”. Ma con un caveat che racchiude tutte le sfide e perplessità davanti al costruttore e stella televisiva diventato leader politico e ora prossimo inquilino della Casa Bianca: sarà il Presidente «degli Stati Divisi d’America». La rivista Time ha incoronato il neoeletto Trump come Person of the Year 2016, dedicandogli la copertina. E se la sua vittoria alle urne ha avuto molto di sorprendente, altrettanto non si può dire degli onori del celebre magazine. Trump ha sbaragliato la concorrenza della rivale già battuta alle elezioni, Hillary Clinton, e altri nove finalisti “minori”, dalla ginnasta olimpica Simone Biles al fondatore e chief executive di Facebook, Mark Zuckerberg. «Ha abbattuto la leadership dei due grandi partiti e di fatto spostato la direzione politica dell’ordine internazionale», ha scritto Time. Che, però, ha offerto men che un premio indiscusso a Trump: Hillary è comunque giunta seconda, con la nota che ha vinto lei il voto popolare. Un vantaggio significativo anche se inutile ai fini del conto dei grandi elettori che decidono il risultato, forse tre milioni di schede, più cioè di Barack Obama contro Mitt Romney nel 2012. Il segno delle spaccature del Paese è proprio qui: Trump ha strappato tutte le regioni centrali e meridionali, Clinton si è arroccata sulle due popolose coste, quella di nordest e quella occidentale. E i primi passi del prossimo presidente hanno continuato oscillare tra normalità e continui strappi dentro e fuori l’America, dallo schiaffo alla Cina su Taiwan orchestrato con l’anziano leader repubblicano Bob Dole a inedite ondate di denunce e complimenti per aziende considerate nemiche (Boeing, Ford) o amiche (Carrier, SoftBank). Ieri Trump ha messo John Kelly, ex comandante del corpo dei Marines, a capo della Homeland Security, il superministero degli Interni creato da George W. Bush in reazione all’11 settembre.
Trump ha accettato di buon grado sia l’onore che l’onere conferitogli da Time. «È un tremendo privilegio», ha detto nelle interviste Tv successive, dichiarando che la rivista «è molto importante» e che lui è stato «fortunato abbastanza da comparire spesso sulla copertina l’anno scorso e quest’anno». Ha evitato di ricordare le sue proteste contro la vincitrice del 2015, il cancelliere tedesco Angela Merkel, da lui definita «la persona che sta rovinando la Germania» e la sua descrizione tre anni or sono della classifica come una «buffonata». Ha piuttosto aggiunto: «Quando si dice gli Stati Divisi d’America non sono stato io a dividerli. Ci sono molte divisioni e noi le ricuciremo e avremo un Paese ben risanato». Ne ha mancato di rimarcare che sta completando il suo governo: ha promesso la cruciale nomina del Segretario di Stato per la prossima settimana.
Nella sua storia Time non è nuova alle scelte controverse e persino negative, nel rispetto di un mandato che la vede additare «la o le persone che più hanno influenzato le notizie e le nostre vite, nel bene e nel male». Tra i passati vincitori, accanto a Papa Francesco e a chi ha lottato contro l’Ebola, ci sono stati anche Adolf Hitler nel 1938 e Josef Stalin l’anno successivo e nel 1942. Nel 1969 scelse la Middle America che continuava a pregare nelle scuole pubbliche nonostante sentenze liberatorie della Corte Suprema. La Casa Bianca offre frequenti candidati, sia Barack Obama che George W. Bush sono stati scelti due volte. Ma nel 1971 il premio non fu di buon auspicio per un altro presidente che faceva discutere, Richard Nixon. Tre anni dopo sarebbe stato costretto a dimettersi per evitare l’impeachment.