Il Sole 24 Ore

Npl, in pista cessioni per 64 miliardi di euro

- Fabio Pavesi

pE ppur si muove. Il mercato di compravend­ita delle sofferenze bancarie, la grande zavorra del sistema del credito italiano, fa qualche passo avanti rispetto all’inerzia degli anni passati.

Lo testimonia uno studio di Banca Ifis e Debtwire che documenta la situazione del business degli Npl nel corso del 2016. Ammontano, secondo il rapporto, a 23 le operazioni chiuse da inizio anno a metà novembre per un valore lordo di 19,7 miliardi di euro. Un dato che supera il livello del 2015 e che soprattutt­o fa ben sperare per il futuro. In via di definizion­e o meglio in pipeline per futuri deal ci sarebbero infatti una nutrira serie di operazioni che se realizzate varrebbero un valore lordo di 64,6 miliardi di euro.

Tra i deal già realizzati spicca l’operazione di maggior rilievo che è l’acquisizio­ne da parte di Cerved della piattaform­a di gestione delle sofferenze di Mps (il progetto Juliet) che da sola gestisce 9 miliardi di euro di Npl. A seguire il deal che ha visto come compratore Anacap sul portafogli­o Vesta ed Eris di Ge capital e Rbs per un valore lordo di 2 miliardi e infine l’operazione da 1,2 miliardi (Progetto Elipso) che ha visto in qualità di venditori Ge Capitale e Credit Agricole con Fbs in qualità di acquirente. In pista però ci sarebbero altre 14 operazioni da definire per un ammontare di 64,6 miliardi.

La parte del Leone la farebbero le due maxi-operazioni di Mps (la cartolariz­zazione da 27,6 miliardi di Monte del Paschi) e l’operazione di smobilizzo delle soffernze per 20 miliardi di UniCredit. Il ma è comunque d’obbligo. Resta infatti aperto e non ancora ri- solto il tema dei prezzi di transazion­e che ha bloccato in passato il mercato di fatto congelando­lo. In genere l e banche hanno a bilancio sofferenze e incagli a un 40-50 per cento del valore nominale del credito non rimborsato.

La cessione di pacchetti di sofferenze sotto questi valori genera in automatico perdite a bilancio nei conti delle abnche venditrici. E del resto i possibili compratori, per rendere remunerati­vo il business degli Npl, devono acquistare a un prezzo che in genere non va oltre il 20 e nei migliori dei casi il 30% di quei valori, pena rendere il business del recupero non remunerati­vo. E così quel mercato è stato in stallo. Fino ad ora a guardare l’entità dei deal in corso come documenta lo studio.

Ma i conti veri si faranno solo quando le operazioni si chiuderann­o effettivam­ente.

La strada della cessione delle sofferenze è però un passo obbligato per le banche per pulire i bilanci e liberare capitale. Vale soprattutt­o per quelle banche in cui il peso dei crediti malati è tale da superare ampiamente il valore del capitale netto e in cui spesso sofferenze e incagli valgono cifre attorno al 20% dell’intero portafogli­o impieghi.

L’elenco delle banche in questa situazione è quello ormai noto. Da Mps dove la stessa Bce ha imposto la vendita delle sofferenze, alle due Popolari Venete destinate a fondersi e che dovranno procedere a una massiccia vendita dei crediti malati fino a Carige anch’essa impegnata gioco forza a liberarsi di parte del fardello di Npl ereditato dalla dissennata gestione dell’era Berneschi.

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