L’«ombrello» statale guarda ai subordinati
pL’ombrello statale che si dovrebbe aprire sul capitale del Monte dei Paschi in caso di stop alla «soluzione di mercato» guarderà prima di tutto alle obbligazioni subordinate. Gli strumenti utilizzabili, alla luce del lungo confronto con Bruxelles avviato a luglio e ripreso nelle ultime settimane proprio per le difficoltà incontrate dall’operazione Jp Morgan-Mediobanca, sono due, e dipendono dalla platea a cui si rivolgono.
Per gli investitori istituzionali il burden sharing è quello classico e porta alla conversione forzata dei bond istituzionali nelle loro mani. Una prospettiva non indolore, ma inevitabile dopo che la conversione volontaria, nonostante le “allerte” ufficiali e non lanciate anche dal Tesoro sul fat- to che le ipotesi successive non sarebbero state più vantaggiose, ha raccolto adesioni per solo uno degli oltre due miliardi di titoli nei loro portafogli.
Quasi nulla è stata invece l’adesione da parte dei piccoli investitori, fermati sulla strada della conversione anche dall’ostacolo posto dal loro profilo di rischio che in base ai criteri Mifid non si conciliava con l’operazione. Per loro, lo strumento alternativo (si veda anche Il Sole 24 Ore di martedì e di ieri) passerebbe dall’acquisto diretto dai bond da parte del Tesoro, che poi li convertirebbe in azioni da tenere in portafoglio. La quota di Via XX Settembre, sempre in caso di stop al piano di mercato, sarebbe in ogni caso destinata a crescere più di quanto richiesto dall’aumento di capitale “ordinario”, per consentire al capitale di arrivare alle soglie chieste dalla vigilanza. L’orizzonte è quello tracciato dall’articolo 32 della direttiva Ue sulla «Brrd», che permette l’intervento pubblico in chiave «precauzionale» e in dimensione «proporzionata» all’esigenza di evitare le conseguenze che si determinerebbero con una «grave perturbazione» del mercato. Tradotta in chiave operativa, la mossa del Governo si presente- rebbe come una garanzia a intervenire nella misura “minima necessaria” a rimediare alla mancata azione del mercato.
Anche per questo la linea ufficiale continua a non confermare provvedimenti fino a che l’opzione Jp Morgan-Mediobanca rimane aperta. Va ricordato però che l’orizzonte italiano del credito vede muoversi anche altri attori in cerca delle soluzioni che potrebbero arrivare con il decreto.
Oltre agli altri istituti in difficoltà sul capitale, da Carige all’accoppiata veneta (Veneto Banca e Popolare di Vicenza) ora gestita dal Fondo Atlante e seguita dall’ex ad del Monte Paschi Fabrizio Viola, ci sono le Popolari “colpite” dalla decisione del Consiglio di Stato di sospendere la riforma che le porta a tra- sformarsi in Spa nella parte che limita fino a bloccare il diritto di recesso. Sul tema pende anche una pronuncia costituzionale, nel ricco filone del conflitto di competenze fra Stato e Regioni sollevato in questo caso dalla Lombardia, e dal decreto potrebbe arrivare una soluzione ponte per consentire lo svolgimento delle assemblee che ancora mancano (Sondrio e Bari) e il completamento delle operazioni avviate in attesa che il quadro si chiarisca in via definitiva. Sul tavolo c’è infine la vendita delle quattro good banks, che nelle trattative infinite con Ubi ha finora lasciato fuori Cariferrara: anche qui un aggiustamento delle regole potrebbe aiutare a condurre in porto l’operazione, ripescando anche la rateizzazione in cinque anni per le nuove quote da destinare al fondo di risoluzione e il correttivo sulle Dta.
IL PIANO DEL GOVERNO Si presenterebbe come una garanzia a intervenire nella misura «minima necessaria» a rimediare alla mancata azione del mercato