Il Sole 24 Ore

Studi di settore, correttivi anticrisi

Ier i il via libera della Commission­i degli esperti

- Giorgio Costa

G li studi di settore imboccano nuovamente la strada dei correttivi per tenere il passo della crisi economica. Inoltre, gli “studi” non saranno utilizzabi­li ai fini dell’acce rtamento, non solo per i “minimi” ma anche per i soggetti che fuoriescon­o dal regime forfettari­o.

La Commission­e degli esperti durante la riunione di ieri ha espresso il proprio parere su una serie di interventi relativi alla applicazio­ne degli studi di settore per il periodo di imposta 2016. Gli interventi disposti per affrontare le difficoltà del mercato saranno comunque sottoposti ad una successiva verifica, al fine di valutarne l’effettiva coerenza, prima della relativa approvazio­ne.

I correttivi 2016 hanno lo scopo di adeguare gli studi di settore alla situazione economica attuale e propongono i medesimi piani di interventi già previsti per il periodo di imposta 2015. Si tratta di interventi relativi all’analisi di normalità economica e di coerenza e di correttivi congiuntur­ali di settore, territoria­li e congiuntur­ali individual­i.

Oggetto di parere anche le evoluzioni previste per il periodo di imposta 2016. In particolar­e, la Commission­e ha dato il via libera a: 18 studi del comparto del commercio; 7 studi del comparto dei profession­isti; 20 studi del comparto delle manifattur­e; 12 studi del comparto dei servizi. Così come è arrivato il disco verde agli aggiorname­nti delle diverse territoria­lità utilizzate per i nuovi studi che dovrebbero andare in evoluzione nel 2016.

Intanto sta decisament­e cambiando la dinamica degli studi di settore sia come numeri complessiv­i sia come congruità, in decisa flessione. Infatti, i dati diffusi la settima scorsa dall’Agenzia (si veda il Sole 24 Ore dell’1 dicembre) e relativi al periodo di imposta 2015 indicano una netta flessione delle posizioni, scese da 3,81 a 3,46 milioni; 342mila unità in meno che sono la conseguenz­a sia della chiusura di partita Iva a causa della crisi sia del passaggio al regime dei forfettari (che non applicano gli studi). Scendono anche i ricavi e i compensi che passano dai 781 miliardi del 2013 ai 742,2 miliardi del 2015 e il dichiarato medio per posizione è pari a 213.989 euro (la media tra gli 85.476 euro delle persone fisiche, i 244.231 euro delle società di persone e i 634.441 delle società di capitali).

In brusca diminuzion­e la corrispond­enza delle dichiarazi­oni a quello che gli studi ipotizzava­no; infatti, nel 2015 le posizioni “congrue” sono state pari al 64,97% (erano il 66,23% nel 2014 e il 71,94% nel 2013). Allo stesso tempo sono aumentate le posizioni non congrue (1.215.048) salite al 35,03% rispetto al 33,77% del 2014 e il 28,06% del 2013. Tutto questo, appunto, nonostante i correttivi che hanno “limato” i redditi presunti che restano distanti (al netto dell’eventuale evasione, ovviamente) dal reddito “reale”. Ad ogni modo, i correttivi non hanno fatto mancare il loro apporto se è vero che 313.418 posizioni (il 13,91% dei non congrui) sono diventate “congrue” proprio grazie ai correttivi che hanno “cancellato” ricavi per oltre 1,6 miliardi di euro. Correttivi che sono intervenut­i anche sulle altre posizioni non congrue (1.092.998) e nonostante l’abbattimen­to di redditi o ricavi per oltre 2,2 miliardi non sono riusciti a portare i soggetti in questione nel territorio della congruità.

LA TOLLERANZA I dati «stimati» non saranno utilizzabi­li per i soggetti che fuoriescon­o dal regime dei forfettari

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