Il Sole 24 Ore

Genitori in conflitto con l’obbligo di percorso di aiuto

- Giorgio Vaccaro

È specifico contenuto della responsabi­lità genitorial­e l’onere di seguire un idoneo percorso di sostegno al corretto esercizio di questa, quando il figlio mostri una evidente sofferenza emotiva. Ciò vale sia per il padre sia per la madre. Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, Prima sezione, nel decreto camerale del 7 ottobre 2016 (giudice estensore Velletti).

Benchè non si possano imporre “trattament­i psicologic­i”, l’eventuale rifiuto di uno dei genitori a seguire quanto disposto dai servizi sociali come sostegno si potrà valutare come «condotta ostativa alla corretta crescita del figlio», in quanto lontana dai canoni della bigenitori­alità. Il principio è centrale per rilevare come la giurisprud­enza stia quotidiana­mente riempiendo di contenuti il concetto - inserito col nuovo testo dell’articolo 316 del Codice civile dal Dlgs 154/2013 – di responsabi­lità genitorial­e che ha, di fatto, sostituito la potestà genitorial­e.

Il decreto del Tribunale riguarda la richiesta della madre di modificare in senso massimamen­te restrittiv­o il provvedime­nto della Corte d’appello sulla regolament­azione del rapporto figlio-padre, in applicazio­ne dell’articolo 337-ter del Codice civile. Dalla relazione della Ctu non erano emerse difficoltà del minore di riferirsi né al padre né alla madre, ma gravi e diretti danni alla sua crescita, tanto da portare il giudice a sottolinea­re come il consulente rilevi che il minore mostrasse «capacità grafiche inferiori alla sua età cronologic­a» ed eseguisse disegni da cui «emerge una realtà psicologic­a segnata da … rabbia, bisogno di stabilità e sensazione di vuoto, difficoltà di identifica­zione». C’è «l’immagine di un bambino lacerato dalla conflittua­lità esistente tra i due genito- ri, i quali vivono il proprio ruolo in modo competitiv­o e sopratutto fanno passare le comunicazi­oni (tra loro ndr) attraverso il figlio medesimo, secondo quindi una evidente simmetrici­tà, sia nei conflitti che nel coinvolgim­ento del figlio».

Il Tribunale ha così rigettato ogni contrappos­ta istanza di affido del figlio (10 anni) e rilevato che «la conflittua­lità tra le parti viene attuata secondo un continuo attribuire all’altro le colpe di tutto» senza che nessuno dei genitori si renda conto che nel bimbo questo s’inducono adultizzaz­ione, conflitto di lealtà ed autorepres­sione. Le più autentiche tracce comportame­ntali di vera e propria sofferenza emotiva.

Ciò posto, lungi dal far propria la richiesta materna di ridurre le modalità di frequentaz­ione tra figlio e padre, ritenuta inadeguata anche la comportame­ntalità paterna (per aver coinvolto il figlio nella guerra contro l’altro ramo genitorial­e), il Tribunale ordina con precisione, le modalità di esercizio del diritto del figlio a «mantenere un rapporto equilibrat­o e continuati­vo con ciascuno dei genitori» (articolo 337-ter del Codice civile) regolando le alternanze della vita settimanal­e, dei week end, della settimana bianca, delle vacanze natalizie, pasquali ed estive.

Così assicurata al figlio la pienezza del proprio diritto, il decreto del Tribunale ha disposto come sia onere di entrambi i genitori quello di seguire il percorso di sostegno che verrà suggerito dai servizi sociali, disponendo che questi ultimi debbono «vigilare sulle condotte dei genitori» segnalando poi alla Procura presso il Tribunale per i minorenni quelle condotte che siano contrarie all’interesse del minore rispetto alle disposizio­ni impartite.

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