Ammessi anche i beni «nazionali»
pLa riforma dei depositi Iva, contenuta nel Dl 193/2016 (legge 225), che ha motivazioni chiaramente antievasione, determina sostanziali modifiche al trattamento fiscale e gestionale delle merci nel momento della loro introduzione e nel momento della loro estrazione dal deposito. In effetti, l’introduzione e l’estrazione dei beni costituiscono le fasi più delicate dell’intero regime, in quanto proprio a questi momenti si riconducono rispettivamente gli effetti di sospensione dell’applicazione dell’imposta e di assolvimento dell’imposta. Quello che è essenziale ricordare nell’esami- nare le novità è che il deposito Iva nasce a livello unionale con due scopi: da una parte, il regime vuole equiparare il trattamento Iva delle merci che provengono da uno Stato membro a quelle che arrivano da un Paese terzo quando le stesse sono destinate a essere introdotte in un deposito e, dall’altro, ha lo scopo di favorire le cosiddette cessioni a catena (si pensi alle operazioni trattate nelle borse merci che passano di mano in mano rapidamente) che, se avvengono in un deposito Iva, si realizzano senza imposta fino al momento della loro estrazione dal deposito e solo quando i beni sono destinati ad essere utilizzati o commercializzati in Italia.
Proprio partendo da questi obiettivi vediamo di comprendere a pieno la natura e l’impatto delle modifiche nei due momenti dell’introduzione e dell’estrazione (per l’estrazione si veda l’altro commento in pagina). In riferimento all’ammissione al regime del deposito Iva le nuove disposizioni perseguono l’obiettivo positivo di allargare l’operatività a tutte le cessioni di beni anche avente ad oggetto beni nazionali. In particolare, è stata modificata la lettera c) del comma 4 dell’articolo 50bis del Dl 331/93 ed è stata abrogata la lettera d) del medesimo comma.
In virtù delle modifiche, l’introduzione dei beni all’interno del deposito Iva, prevista oggi solamente per gli acquisti intracomunitari, per i beni extra Ue immessi in libera pratica, per le cessioni verso soggetti identificati in un altro Stato membro e per le cessioni nazionali, e per queste ultime solo alle transazioni che avevano ad oggetto i beni elencati nell’allegato A-bis del Dl 331/1993, viene ora estesa a ogni tipologia di transazione.
Con l’entrata in vigore delle nuove regole, infatti, le cessioni verso soggetti identificati in un altro Stato membro e le cessioni nazionali di beni dell’allegato A-bis del Dl 331/93 sono eliminate dal testo dell’articolo 50-bis del Dl 331/93 e viene previsto in maniera ampia e generica che sono ammesse al regime di sospensione dell’imposta «le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito Iva».
Questa sostituzione, come già evidenziato, determina un ampliamento delle operazioni che possono essere ammesse al regime sospensivo creando nuove opportunità di utilizzo del deposito Iva per tutte le operazioni interne, specialmente quando le merci sono oggetto di più transazioni ovvero sono dirette ad essere esportate o cedute in un altro Stato membro. Queste nuove opportunità vanno dunque valutate caso per caso perché devono essere riferite con attenzione alla situazione specifica a cui si riferiscono.
Certamente, l’impulso che nasce della norma è di superare lo schema di utilizzo del deposito Iva per non pagare l’Iva in dogana, a favore di un utilizzo dello strumento per attenuare il carico dell’imposta nelle operazioni interne. Si immagini i vantaggi che si potrebbero ottenere se i beni sono destinati, dopo una trasformazione, ad essere venduti in un altro Stato membro.
L’impresa potrebbe acquistare i beni in Italia da un fornitore nazionale, introducendoli in un deposito Iva senza assolvimento dell’imposta, potrebbe trasformarli senza applicazione dell’Iva e potrebbe estrarli con destinazione lo Stato membro con due vantaggi: il primo di non dover applicare l’Iva e il secondo di poter vantare un credito Iva ai fini del plafond. La situazione favorevole potrebbe, in parte, svanire se i beni al termine della lavorazione fossero destinati alla commercializzazione in Italia perché dovrebbero fare i conti con le nuove regole imposte all’estrazione che chiedono il versamento dell’Iva direttamente all’erario.
Situazione attuale
L’introduzione in un deposito Iva può avere ad oggetto
beni extra-Ue immessi in libera pratica
acquisti intracomunitari
cessioni verso soggetti identificati in un altro Stato membro
beni nazionali di cui all’allegato A-bis del Dl 331/93
Durante la giacenza dei beni nel deposito le cessioni e le prestazioni di servizio che hanno ad oggetto tali beni avvengono senza applicazione dell’imposta
Può essere effettuata solo da soggetti passivi Iva
Comporta l’assolvimento dell’imposta dal soggetto che provvede all’estrazione mediante autofattura, ai sensi dell’articolo 17, comma 2 del Dpr 633/72 ovvero mediante integrazione della fattura, se sono stati oggetto di precedente acquisto senza pagamento dell’imposta. Il documento deve essere annotato nel registro Iva degli acquisti e nel registro Iva delle fatture emesse. I dati relativi alla liquidazione dell’imposta devono essere trasmessi al gestore del deposito Iva
L’OPPORTUNITÀ L’introduzione della merce consente lavorazione e vendita in sospensione d’imposta