RAVVEDIMENTO OPEROSO
Correzione possibile anche in Dogana
pI l ravvedimento operoso entra finalmente in dogana, con possibilità per le aziende di definire contesti che possono ingenerare sanzioni estremamente elevate, tipiche delle irregolarità relative alle operazioni di importazione.
Fino all’emissione dell’avvis o di accertamento o di pagamento, infatti, gli operatori possono ora accedere all’istituto del ravvedimento anche con riferimento ai tributi doganali e alle accise.
Il deceto legge fiscale 193 del 2016 modifica l’articolo 13 del decreto legislativo 472 del 1997, integrando i commi 1 bis e 1 ter con l’estensione del ravvedimento operoso anche ai diritti doganali e alle accise quali tributi di competenza dell’agenz ia delle Dogane, in relazione ai quali le ipotesi di ravvedimento erano in precedenza assai ridotte, limitate a mancati pagamenti differiti di somme garantite.
La disposizione ha una portata fondamentale, sia in materia di imposizione sui consumi, sia per quanto riguarda i dazi e le altre imposte di confine, tra le quali l’Iva, che la dogana è tenuta a riscuotere: in caso di irregolarità, infatti, il contribuente può ora sanare la propria posizione, vedendo drasticamente ridotto un carico sanzionatorio che, specialmente in materia doganale, è estremamente gravoso.
Con tutti i dubbi di proporzionalità del caso, si pensi che le sanzioni doganali all’importazione possono arrivare al 600% delle imposte evase.
L’innesto normativo, piuttosto complesso, estende invece l’applicabilità delle lettere b-bis e b-ter del comma 1 dell’articolo 13 del decreto legislativo 471 del 1997 anche ai tributi amministrati dall’agenzia delle Dogane, con riduzione delle sanzioni fino a un settimo del totale, con evidente beneficio per le imprese.
In realtà, il tema va approcciato con ordine, distinguendo vari momenti di operatività e accertamento. Esiste infatti in dogana un altro istituto, ovvero la revisione dell’accertamento, fino a oggi l’unico strumento per correggere eventuali errori; l’istituto ove attivato dal contribuente, in base alla legge 449/97, non dà luogo all’applicazione di alcuna sanzione.
Di contro, all’attivazione di controlli, la revisione assumeva la veste di revisione d’ufficio e nessun ravvedimento era possibile e non restava che attendere le determinazioni della Dogana.
Adesso, invece, anche in caso di constatazione o di avvio di ispezioni, controlli e verifiche da parte dell’autorità doganale, l’operatore può decidere di aderire alla pretese dell’Ufficio, procedendo con il pagamento del tributo e della relativa sanzione ridotta. La riduzione, in dettaglio, arriva ad un settimo se il ravvedimento opera nei due anni dall’omissione o dall’errore commesso, ovvero ad un sesto in caso di ravvedimento dal terzo anno in poi (il termine di decadenza dall’accertamento doganale è triennale).
Restano tuttavia i problemi legati, in parte fisiologicamente, al ravvedimento, che tuttavia in dogana rischiano di acuirsi.
Anzitutto, la determinazione del tributo; nei casi di dubbia identificazione del quantum dovuto, se si corrisponde un determinato importo ravvedendosi, restano scoperte le parti di eventuali maggior tributo contestato, in relazione alle quali si applicherebbero le sanzioni in forma piena.
In secondo luogo, un’altra criticità da analizzare con particolare cura è però l’impossibilità di beneficiare in sede di ravvedimento del cumulo giuridico, beneficio invece applicabile in caso di adesione al pvc o all’atto accertativo, di fatto in dogana non ottenibile.