PRODOTTI ENERGETICI E BEVANDE ALCOLICHE
Rateizzazione per il debitore in stato di difficoltà
pR ateazione possibili in caso di difficoltà del deposito fiscale che non è in grado di assolvere tempestivamente l’accisa gravante sui beni estratti. Il decreto fiscale interviene sull’articolo 3 del Testo unico delle accise 504/95 (Tua) introducendo una ipotesi speciale di rateizzazione del debito delle accise dei depositi fiscali.
A causa della disciplina di estremo rigore vigente in materia, si tratta di un tema molto controverso e dibattuto, rispetto al quale il legislatore fa un primo passo in favore degli operatori.
Con le novità, infatti, il deposito fiscale di prodotti energetici o di alcole e bevande alcoliche – dunque, il debitore primario dell’imposta – che si trovi in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica può presentare istanza di rateizzazione, dilazionando i tempi di soddisfazione del credito erariale.
L’istanza deve essere presentata entro la scadenza fissata per il pagamento delle accise e deve però essere relativa alle immissioni in consumo effettuate nel mese precedente alla predetta scadenza. Pe r m a n e n d o l e medesime condizioni di difficoltà, poi, possono essere presentate istanze di rateizzazione relative ad un massimo di altre due scadenze di pagamento successive a quella di cui al periodo precedente, mentre non sono ammesse ulteriori istanze prima dell’avvenuto integrale pagamento dell’importo già sottoposto a rateizzazione.
Appare di tutta evidenza la ridotta applicabilità della norma, almeno in termini temporali, laddove a poter essere differiti sono i pagamenti relativi a debiti maturati con riferimento ad un numero ridotto di mensilità, in sostanza senza considerare le ipotesi di debito maturato a posteriori, ad esempio in caso di accertamento.
Pure positiva in termini fisiologici, la norma non appare rispondere pienamente alle esigenze rappresentate dagli operatori anche ai tavoli di lavoro dedicati.
In primo luogo, infatti, si continua ad individuare quale unico e solo obbligato dell’imposta il deposito fiscale, conclusione questa molto discussa, visto l’ampio regime di solidarietà che regola la materia, non solo a livello nazionale (articolo 2, comma4, Tua), ma – e soprattutto – a livello Ue (articolo 8, direttiva 2008/118).
In secondo luogo, e soprattutto, la norma non appare rispondere ancora alle ipotesi di tipo patologico, quelle ad esempio dove il depositario è vittima di accertate frodi da parte di uno o più depositanti. In questi casi, il debito di imposta può essere troppo elevato e non permettere la rateizzazione di poche rate di importi mensili, con la conseguenza del blocco delle estrazioni, che poi è il vero punto chiave della vicenda.
È noto infatti che, in caso di mancato pagamento delle imposte, per disposizione di legge prevista dall’articolo 3 del Tua, fino alla piena e definitiva soddisfazione del credito dell’erario il deposito fiscale non può di fatto operare (si tratta del cosiddetto divieto di estrazione), con pregiudizio enorme in primis per l’erario e, quindi, per il deposito stesso, i terzi che hanno merci ivi stoccate e, in genere, l’indotto collegato alle attività in sospensione di imposta.
Soprattutto nei casi di ipotesi fraudolente operate da soggetti terzi rispetto al depositario autorizzato, la risposta normativa si ritiene dunque eccessiva rispetto allo scopo prefissato, senza contare che un fermo di un deposito paralizza una operatività generale non solo con i danni diretti di cui si è detto, ma anche con l’ulteriore aggravio di porre il debitore nell’impossibilità di operare anche ai fini della soddisfazione debito fiscale.