Il Sole 24 Ore

Le Province «salvate» rilanciano: mancano almeno 650 milioni

- Di Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

Dopo la vittoria del No al referendum le Province restano a pieno titolo in Costituzio­ne ma chiedono certezze anche sui conti: senza provvedime­nti ad hoc nessuna Provincia potrà predisporr­e i bilanci 2017 e, di conseguenz­a, garantire i servizi ai cittadini. A conti fatti, mancano all’appello 650 milioni.

«In queste stanze non si è brindato» dopo la vittoria del No al referendum, assicura Achille Variati parlando con i giornalist­i nella sala riunioni dell’Unione delle Province italiane che presiede. Ma ora che le Province restano a pieno titolo in Costituzio­ne chiedono certezze anche sui conti: «Senza un provvedime­nto straordina­rio – ha scritto ieri Variati al presidente della Repubblica Sergio Ma t t a r e l l a – ne s s u n a Provincia sarà in grado di predisporr­e i bilanci 2017 con la conseguent­e interruzio­ne dei servizi essenziali ai cittadini».

Già, perché l’eterna “abolizione delle Province” ha vissuto finora su una sorta di equivoco, che ha puntato a cancellare il nome di questi enti dall’orizzonte legislativ­o e costituzio­nale ma non ha potuto azzerarne le attività. La riforma Delrio, nata nel 2014 come premessa ordinaria all’intervento costituzio­nale, le ha alleggerit­e di funzioni e personale, i tagli progressiv­i (un miliardo all’anno, fra Province e Città metropolit­ane) han- no provato ad accompagna­rle all’uscita ma i nodi dei conti prima e il «no» referendar­io ora hanno i nterrotto un percorso che va ripensato.

«Qui non si è brindato», dice Variati per rimarcare la distanza fra le Province e il Cnel, compagno di viaggio degli enti di area vasta nel ruolo di bersaglio polemico per spingere verso il «sì» contro i «costi della politica» un elettorato che invece ha deciso in larga maggioranz­a di andare in direzione opposta. Le differenze con il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro possono essere riassunte in un paio di numeri: 100mila chilometri di strade da mantenere, 5mila scuole superiori da scaldare per evitare raffreddor­i e bronchiti a 2,5 milioni di studenti delle superiori, e da ristruttur­are per non inciampare in guai peggiori, circa 20mila dipendenti rimasti in Provincia dopo la maxi-mobilità che ne ha distribuit­i altri 23mila fra Comuni, Regioni, uffici giudiziari e pre-pensioname­nti e una spesa corrente che viaggia a circa 4,8 miliardi all’anno.

A finanziarl­a sono gli automobili­sti, con le tasse sulle compravend­ite dei veicoli e l’addizional­e sull’assicurazi­one, ma i conti non tornano e le Province “ricostituz­ionalizzat­e” rilanciano sui soldi.

La legge di bilancio che al Senato avrebbe dovuto distribuir­e certezze sullo stop alla nuova tornata di tagli messi a suo tempo in calendario per il 2017 dalla manovra di due anni fa è stata travolta anche lei dall’esito del referendum, ed è uscita da Palazzo Madama nello stesso testo con cui era entrata. Le risposte, allora, sono rimandate all’ini- zio dell’anno prossimo, quando il nuovo inquilino di Palazzo Chigi dovrà firmare «uno o più decreti» sul tema che gli verranno proposti dal ministro dell’Economia.

La richiesta vale almeno 650 milioni per azzerare i tagli 2017 e congelare almeno una situazione pur paradossal­e certificat­a tempo fa dai numeri ufficiali della Sose, la società del governo che calcola i fabbisogni standard delle amministra­zioni locali: oggi, spiegavano le tabelle Sose, le entrate struttural­i delle Province bastano a stento per pagare gli stipendi e le rate dei mutui, e basta accendere la luce in un ufficio o asfaltare un tratto di strada per creare spese aggiuntive e sfondare in disavanzo. Gli automobili­sti, quelli che pagano (e che senza saperlo girano allo Stato una fetta importante di imposte «provincial­i») se ne sono accorti.

Andare avanti verso l’abolizione non si può, e tornare indietro alle “vecchie” Province non si vuole. A guidare gli enti oggi sono i sindaci, scelti nelle elezioni di secondo livello svolte fra gli stessi amministra­tori locali, e pur non avendo indennità per le cariche provincial­i non hanno nessuna intenzione di mettere in discussion­e il loro ruolo.

Per evitare di trasformar­li in curatori fallimenta­ri, però, servono fondi, e un «tagliando» alla Delrio per rimettersi a fare un po’ di programmaz­ione smettendo di saltare da un’emergenza all’altra. Il conto infinito delle «settimane decisive» per l’abolizione delle Province, insomma, è finito: ora inizia quello per la loro riforma.

PERCORSO OBBLIGATO Andare avanti verso l’abolizione non si può e tornare indietro non si vuole. Ma servono fonti e un tagliando alla legge Delrio

L’ALLARME UPI Variati ha scritto al Colle: «Senza un provvedime­nto straordina­rio nessuna Provincia sarà in grado di predisporr­e i bilanci 2017

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