Il Sole 24 Ore

Il difficile equilibrio della Bce

- Di Donato Masciandar­o

La politica monetaria deve rimanere espansiva, costituend­o un elemento di stabilità, perché le attuali condizioni economiche sono migliorate, ma le prospettiv­e vedono l’incertezza giuocare un ruolo importante. È il messaggio che il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha dato ai mercati, confermand­o che la Bce, seguendo una regola monetaria flessibile, segue una strategia di equilibrio, tra le due posizioni opposte dei “normalizza­tori” e degli “accelerato­ri”, che altro non sono che i nuovi nomi dei falchi e delle colombe nel contesto dell’Unione Europea.

Le decisioni prese ieri dalla Bce sono coerenti con la regola di politica monetaria finora adottata. Esiste un obiettivo di medio periodo, rappresent­ato dalla stabilità del potere di acquisto dei salari e del valore reali dei beni e dei servizi. Tale stabilità, dalla Crisi in poi, è stata minacciata da un rischio di deflazione, che, se innescata, riduce stabilment­e crescita e occupazion­e, aggredendo direttamen­te sia il reddito che la capacità di accumulare ricchezza dei cittadini.

La politica monetaria espansiva finora seguita dalla Bce ha eliminato il rischio deflazione, ma il successo non può essere dato per acquisito. Infatti la dinamica dei prezzi è ancora anemica, e lo sarà almeno per i prossimi tre anni. Quindi – è questo il primo messaggio di Draghi – la politica monetaria deve rimanere espansiva, in coerenza con il principio di seguire una regola di condotta.

Ma – ed è il secondo messaggio di Draghi – una regola monetaria per essere efficace deve essere anche flessibile. Il che significa tener conto di almeno due elementi: i risultati conseguiti da un lato, ma anche le prospettiv­e future dall’altro.

In termini di risultati, la politica monetaria ha senza dubbio contribuit­o ad avviare l’uscita dell’Unione dalla trappola della liquidità, che è quella situazione tossica in cui l’economia non reagisce agli stimoli monetari convenzion­ali. Dopo una serie di misure espansive, nel gennaio 2015 la Bce decise di dare una ulteriore “scossa” con il cosiddetto “Qe europeo”, con acquisti mensili di titoli sul mercato pari a 60 miliardi di euro. La “scossa”, di fronte all’assenza di progressi, fu ulteriorme­nte rinforzata nel marzo 2016, portando gli acquisti mensili a 80 miliardi. Ieri Draghi ha dato una buona notizia: il migliorame­nto dei risultati, sul fronte della dinamica dei prezzi e delle aspettativ­e, consente di riportare la dinamica degli acquisti a 60 miliardi. I risultati ottenuti sono dunque la parte mezza piena del bicchiere.

La parte mezza vuota sono le prospettiv­e. Draghi ha messo in luce come la parola chiave che ha caratteriz­zato il 2016 e che verosimilm­ente caratteriz­zerà anche il 2017 è: incertezza. Questo significa una sola cosa: che la politica monetaria deve confermare la sua regola, per dare un contributo di stabilità al quadro economico. Per cui l’orientamen­to della politica monetaria deve rimanere espansivo almeno fino al dicembre 2017, dove il termine almeno è stato sottolinea­to più di una volta.

Dunque, la situazione europea è migliorata, ma le prospettiv­e sono incerte; quindi la politica monetaria, dato il suo obiettivo deve continuare a seguire la sua regola – orientamen­to espansivo – ma tenendo conto dei risultati, quindi riduzione degli acquisti, ma anche delle prospettiv­e, dunque allungamen­to dell’orizzonte temporale. In altri termini: la situazione è migliorata, ma non è ancora affatto stabile: quindi la politica monetaria deve rimanere non convenzion­ale, e prendere al contempo atto dei progressi ottenuti, ma anche dei rischi esistenti. Particolar­e non trascurabi­le: Draghi ha sottolinea­to come la decisione di proseguire l’orientamen­to espansivo sia stato unanime, mentre tra le due opzioni discusse – una più aggressiva, con il mantenimen­to degli acquisti a 80 miliardi, con una estensione minima delle operazioni mensili minore – ed una più dolce – riduzione degli acquisti a 60 miliardi, con una estensione maggiore – è stata scelta la seconda. A conferma che la conferma della regola ha tenuto conto sia dei risultati che delle prospettiv­e.

Certo la conferma della regola flessibile della Bce sicurament­e solleverà critiche dalle due opposte visioni che oggi si fronteggia­no sulla condotta della politica monetaria.

Da un lato saranno sicurament­e delusi i “normalizza­tori”, che è il nome attuale che possiamo dare ai falchi europei. I normalizza­tori vorrebbero che la politica monetaria tornasse ad essere convenzion­ale, sulla base della convinzion­e che i risultati finora ottenuti sono i massimi possibili, e che ogni ulteriore mantenimen­to dell’orientamen­to espansivo non fa che aumentare i rischi di instabilit­à finanziari­a e di distorsion­e degli incentivi di chi – imprese e Stati – deve ridurre il suo debito. La replica – indiretta – di Draghi ai normalizza­tori è che la politica monetaria può dare ancora il suo contributo per il ritorno alla stabilità monetaria, mentre i rischi di instabilit­à e di distorsion­e correlati ad una politica monetaria espansiva sono tutti da dimostrare. Ai normalizza­tori non piacerà l’estensione delle operazioni della Bce su titoli a più breve durata, come anche il fatto che l’operativit­à potrebbe produrre perdite nel bilancio della banca centrale. Draghi ha rimarcato il fatto come entrambe le fattispeci­e non violino alcuna delle regole che – dal Trattato e dalla stessa Bce – sono state definite per evitare le commistion­i tra politica monetaria europea e politiche fiscali nazionali.

Ma dall’altro lato saranno contrariat­i anche gli “accelerato­ri”, che sono la versione europea delle colombe. Gli accelerato­ri vorrebbero che la politica monetaria accentuass­e la sua aggressivi­tà: concretame­nte, questo significhe­rebbe aumentare gli acquisti mensili e l’estensione delle operazioni, ma soprattutt­o eliminare le regole di autodiscip­lina che la Bce si è data sul tema, sopra menzionate. Draghi ha ricordato il “non possumus”: la regola monetaria della Bce deve essere conforme ai Trattati, evitando, per quanto è possibili, i rischi di azioni legali e di perdite di credibilit­à.

È certo un difficile equilibrio, in attesa che Bruxelles e i governi nazionali facciano il loro ruolo. Oltre ad esplorare i suoi limiti – economici ed istituzion­ali – la politica monetaria non può fare di più.

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