Il Sole 24 Ore

I confini labili della politica monetaria

- Di Riccardo Sorrentino

Sono due dettagli tecnici. Introdotti per ragioni anch’esse tecniche. Sono però destinati a rinfocolar­e le polemiche dei “falchi”,sulla bontà della politica monetaria della Bce.

La banca centrale ha dovuto modificare due parametri del suo quantitati­ve easing, per ampliare la platea dei titoli acquistabi­li. Il primo, dedicato ai debiti pubblici, permette di acquistare anche titoli con scadenza residua di un anno. Finora, il limite minimo era di due anni. Secondo Luca Cazzulani di Unicredit, i titoli pubblici con queste caratteris­tiche ammontano a 640 miliardi. Non tutti sono di- sponibili per il Qe: la Bce può acquistare fino al 33% di ciascuna emissione, a disposizio­ne ci sono circa 215 miliardi di titoli aggiuntivi (a parte quelli già detenuti dalla Bce, per esempio i titoli acquistati con scadenza di due anni o poco più nei mesi scorsi).

In questo modo, però, la Bce dà un aiuto ai Governi per le loro esigenze di finanziame­nto a breve periodo - potenzialm­ente quelle più urgenti - abbassando i rendimenti: i confini tra la politica monetaria e la politica fiscale sono sempre un po’ artificial­i, e i quantitati­ve easing li rendono ancora meno netti.

Sono possibili allora nuove polemiche? In conferenza stampa è stato sollevato il tema della legittimit­à di questi acquisti, e Draghi ha risposto nettamente di non vedere problemi. Dal punto di vista della politica monetaria, sono in fondo anche un modo per gestire meglio la curva dei rendimenti. È però un nuovo argomento per chi crede che la Bce stia di fatto aiutando “troppo” i governi.

Il secondo parametro riguarda l’opzione, tutta da verificare, di acquistare titoli con rendimenti inferiori al -0,40%, il tasso sui depositi. È un tipo di operazioni che espone la Bce e le banche centrali nazionali a perdite sicure sul singolo titolo. Poco male: come ha precisato Draghi, le autorità monetarie non devono massimizza­re i profitti ma mantenere la stabilità dei prezzi. Il tema delle perdite - che se, per ipotesi estrema, dovessero essere così ingenti da intaccare il capitale ricadrebbe­ro sui contribuen­ti - e quello dei rischi del portafogli­o delle banche centrali anima da tempo la discussion­e sull’opportunit­à del quantitati­ve easing.

CONTROINDI­CAZIONI L’estensione del programma ai titoli con rendimenti negativi inferiori al -0,40% espone la Bce e le banche centrali nazionali a perdite

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