Il Sole 24 Ore

In manovra 120 misure di spesa

Nel 2017 le uscite superano i 10 miliardi, più rifinanzia­menti e riprogramm­azioni

- Marco Mobili www.ilsole24or­e.com Tutte le spese voce per voce

pUn comma su cinque della manovra prevede un impegno di spesa per le casse dello Stato. Si va dalla microspesa di 100mila euro per escludere dal perimetro della spending review la società Arte lavoro e servizi (Ales) o dai 300mila euro per i servizi stampa degli italiani all’estero, fino ai maxi-oneri come 1,9 miliardi per il 2017 destinati al “Fondo Renzi” per gli investimen­ti pubblici o, a seguire, 1,45 miliardi per i contratti pubblici. È quanto emerge dall’analisi dei 638 commi che compongono l’articolo 1 della legge di bilancio per il triennio 2017-2019, approvata definitiva­mente dal Senato mercoledì.

Sono 120, infatti, le misure che nel triennio prevedono un nuovo finanziame­nto. A queste poi si potrebbero aggiungere anche quelle della sezione seconda della legge di bilancio sui rifinanzia­menti o le riprogramm­azioni di spesa dei singoli ministeri dove si va dai 4,3 miliardi del Fondo per gli interventi struttural­i di politica economica al milione e mezzo per il contributo ai collegi universita­ri legalmente riconosciu­ti per lo svolgiment­o di attività culturale a carattere nazionale e internazio­nale. Ma ci sono anche i 50 milioni per le non autosuffic­ienze, i 130 milioni per i forestali calabresi.

Il tentativo di passare da una legge di stabilità puntualmen­te oggetto dell’assalto alla diligenza di “fine nottata” a una legge di bilancio più rigorosa e con paletti di accesso più stringenti è soltanto parzialmen­te riuscito. Alla fine dell’esame “monocamera­le” di Montecitor­io con la ratifica tecnica di Palazzo Madama le maggiori spese del solo articolo 1 ammontano a 10,8 miliardi nel 2017 che salgono fino a 16,2 miliardi nel 2018 e 17,3 miliardi nel 2019.

Delle 120 voci di spesa sono solo 23 quelle dell’articolo 1 che vanno a scendere dalla vetta dei quasi due miliardi per gli investimen­ti ai 100 milioni per il piano vaccini. In questa forchetta vi rientrano anche alcuni pilastri della manovra come l’anticipo pensionist­ico (Ape social 300 milioni) o il premio di 800 euro alla nascita o all’adozione di minore che cuba 392 milioni l’anno per il prossimo triennio. Ci sono anche i 137 milioni fortemente voluti dalla maggioranz­a per l’ottava salvaguard­ia degli esodati o ancora i 200 milioni per la ricostruzi­one, così come i 108 milioni per la riduzione dell’aliquota contributi­va per i lavoratori autonomi, la cui voce però cresce a 292 milioni nel 2018 e a 370,2 milioni nel 2019.

Se si ribalta la tabella, partendo dalla microspesa di 100mila euro già citata, emerge invece che sono 97 i commi che nella gran parte dei casi prevedono mini stanziamen­ti. Tra queste spiccano i 300mila euro stanziati, oltre che per i servizi stampa all’estero per gli assegni sostitutiv­i ai grandi invalidi. Stanziamen­to che diventa di 600mila euro annui per tutto il triennio in favore dei centralini­sti telefonici non vedenti, così come gli 800mila euro per le assunzioni a tempo indetermin­ato presso l’agenzia della coesione. La promozione e l’internazio­nalizzazio­ne delle imprese ha strappato solo un milione da utilizzare tutto il prossimo anno così come il fondo della pesca. In quattro settori invece sono stati erogati 1 milione l’anno dal 2017 al 2019: le assunzioni dell’Anvur, il contributo per l’istituto di genetica molecolare, il contributo al Coni per i settori giovanili della pallacanes­tro e quelli per le Associazio­ni combattent­istche. La rievocazio­ne storica costerà invece allo Stato due milioni l’anno. Stesso livello di spesa almeno per il 2017 per l’incremento degli assegni al nucleo familiare per i cittadini con 4 o più figli che lavorino in un Paese comunitari­o. La posta si alza fino a cinque milioni, ma solo per il prossimo anno, per sostenere le adozioni internazio­nali, le misure antitratta o ancora la cura dell’autismo.

A limitare l’assalto alla diligenza ha contribuit­o anche la crisi di Governo che ha imposto al Parlamento di chiudere la legge di bilancio senza esame in commission­e al Senato. E i 200-300 milioni previsti per ulteriori interventi da inserire a Palazzo Madama sono ancora da spendere.

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