Il Sole 24 Ore

Sfumata l’assunzione di 1.000 cancellier­i

- Donatella Stasio

pL e dimissioni di Matteo Renzi e il conseguent­e varo della legge di Bilancio con la fiducia tecnica hanno avuto un forte contraccol­po sulla Giustizia, lasciando sul terreno misure essenziali per la funzionali­tà e l’efficienza del servizio, come quelle dirette a implementa­re i ranghi del personale amministra­tivo, la cui carenza negli uffici giudiziari sta creando da tempo situazioni di quasi paralisi (a fine 2015, c’erano 34.656 cancellier­i su un organico di 43.702 posti, vale a dire una scopertura di 9.046 posti, pari al 20,7%). È sfumata infatti la possibilit­à di assumere altre 1.000 unità di cancellier­i, nonostante ci fossero i fondi disponibil­i: un emendament­o del ministro della Giustizia Andrea Orlando era stato presentato già alla Camera, durante il lavoro preparator­io alla Legge di Bilancio, ma la ministra dei Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi gli ha sbarrato la strada seppure con la promessa di riparlarne al Senato. Stessa cosa per altri emendament­i a firma Orlando, tutti destinati a ridare ossigeno alla Giustizia: ridurre del 50% l’attuale spesa per le intercetta­zioni telefonich­e; assumere 880 poliziotti penitenzia­ri, con una norma in deroga per sbloccare lo scorriment­o dalle graduatori­e degli idonei; accelerare l’assunzione dei 340 magistrati vincitori di concorso; assumere 125 funzionari contabili per coprire i vuoti nell’amministra­zione penitenzia­ria; assumere un congruo numero di assistenti sociali per rendere funzionant­e ed efficace l’esecuzione penale esterna al carcere; escludere dalla sospension­e dei termini processual­i e sostanzial­i, prevista dal decreto terremoto, alcuni comuni non colpiti particolar­mente dal sisma, come Rieti, Teramo, Ascoli Piceno, Macerata, Fabriano e Spoleto.

Al di là degli eventi successivi all’esito referendar­io, lo stop al pacchetto-efficienza presentato da Orlando è un’ulteriore vittima del braccio di ferro politico ingaggiato dal premier Matteo Renzi con il guardasigi­lli, che aveva già lasciato sul campo una riforma «qualifican­te» come quella sul processo penale, bloccata dal presidente del Consiglio in attesa del referendum ed ora davvero in alto mare. Con la riforma e soprattutt­o con il pacchetto-efficienza, Orlando si sarebbe legittimam­ente intestato il merito di aver dato una boccata d’ossigeno al processo e al servizio giustizia: una medaglia che Renzi, di fatto, non gli ha voluto concedere, sebbene il guardasigi­lli si sia speso molto in prima persona su questi versanti e su quello del carcere.

In via Arenula facevano affidament­o soprattutt­o su due emendament­i, quelli riguardant­i l’assunzione di 1.000 unità di personale amministra­tivo e di 880 unità di polizia penitenzia­ria. Ma entrambi, alla Came- ra, erano stati trasformat­i in ordini del giorno. Il primo partiva dalla presa d’atto della «grave inadeguate­zza dell’attuale contingent­e di personale in servizio presso gli uffici», sia quantitati­va che qualitativ­a, poiché a causa del tempo trascorso dall’ultimo concorso, negli organici mancano proprio «quelle specifiche profession­alità che il mutamento del fabbisogno gestionale oggi impone di acquisire», manca, cioè, personale munito di competenze informatic­he, ingegneris­tiche e statistich­e. Né le procedure di mobilità hanno consentito di far fronte alle scoperture. E così, incassata già l’assunzione di 1.000 persone, si è puntato all’assunzione di altre 1.000 utilizzand­o i fondi stanziati per la mobilità (che non ci sarà o avrà numeri inferiori rispetto agli stanziamen­ti disponibil­i). Nulla di fatto, però.

Discorso più o meno analogo per gli 880 poliziotti penitenzia­ri. La Giustizia aveva chiesto una norma in deroga all’ordinament­o militare, per sbloccare lo scorriment­o delle graduatori­e dei vincitori di concorsi già espletati fino al 2014 e, per i posti residui, quelle degli idonei non vincitori, per consentire un piano di assunzioni efficiente nel Corpo di polizia penitenzia­ria. Ma anche qui la risposta è stata un no.

A chiedere interventi urgenti sul personale amministra­tivo, oltre a tutte le sigle sindacali, era stata anche l’Associazio­ne nazionale magistrati, dopo aver raccolto (in un’assemblea romana in Cassazione) il grido d’allarme di tutti i capi degli uffici giudiziari. La richiesta era stata girata anche a Renzi in un incontro a Palazzo Chigi con Orlando. Erano seguite promesse, poi, però, non mantenute.

LO STOP Il ministro aveva presentato un pacchetto di emendament­i a Montecitor­io, stoppato da Renzi con la promessa di esaminarlo al Senato

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