«La Moldavia guarda alla Ue»
Premier moldavo
pIl premier della Moldavia è un uomo di 50 anni, sorridente e affabile. Pavel Filip capisce l'inglese, ma preferisce esprimersi nella sua lingua, tradotto da un interprete. E' venuto a Bruxelles nei giorni scorsi per tranquillizzare l'establishment comunitario sul futuro europeo del piccolo paese dopo che in novembre la Moldavia ha eletto presidente un esponente vicino a Mosca, Igor Dodon, proprio mentre la capitale Chisinau si appresta a ospitare un ufficio di collegamento della Nato. Parlando a un gruppo di giornali europei, Filip si è dato due anni per riformare il paese, evitare una vittoria prorussa alle prossime legislative del 2018 e il rischio di una guerra civile “à l'Ukraine”.
«La percezione è che la Bulgaria e la Moldovia siano stati persi dall'Ovest e siano alla deriva verso Est. Voglio smentire questa impressione. La Moldavia è più determinata che mai ad applicare l'accordo di associazione firmato nel 2014 con l'Unione europea», spiega Filip. «Il mio governo è determinato a continuare sulla strada dell'Unione europea». Il messaggio giunge dopo che in novembre Dodon ha ottenuto il 52,2% dei voti, battendo la candidata europeista Maia Sandu, vicina al premier, che oggi si dice pronto a lavorare «costruttivamente» con il nuovo capo di Stato.
Dodon ha fatto campagna promettendo di denunciare l'Accordo di associazione con l'Unione europea. La situazione moldava ricorda preoccupantemente quella ucraina. Nel paese scoppiò una guerra civile pro- prio per una intesa con Bruxelles che avrebbe costretto l'Ucraina a decidere tra l’Est e l’Ovest, tra l'ancoraggio all'Unione e l'alleanza con la Russia. Anche in Moldavia, come in Ucraina, il paese è diviso. Non solo gli ucraini e i russi sono rispettivamente l'8 e il 6% della popolazione, ma la regione della Transnistria non riconosce l'autorità di Chisinau.
Interpellato sui rischi di una guerra civile nel paese, il premier smentisce. «La situazione è diversa. Il conflitto a Kiev scoppiò prima della firma dell'intesa. Dal canto nostro, l'accordo è già firmato e applicato, e non può essere denunciato dal presidente della Repubblica». E poi aggiunge: «La situazione in Transnistria si è stabilizzata», nonostante la regione - abitata in modo paritario da ucraini, russi e moldavi - abbia chiesto nel 2014 l'annessione alla Russia. Ma se alle prossime legislative nel 2018 arrivasse al potere una maggioranza pro russa e magari comunista che denunciasse l'Accordo di associazione con i Ventotto?
«Dal mio punto di vista, lo scenario di guerra civile non è possibile, se continuiamo a riformare seriamente il paese. Ciò detto, sono d'accordo che vi sarebbe il rischio di caos se una maggioranza comunista dovesse prendere il potere nel 2018». Nei fatti, il premier moldavo si è dato due anni per evitare lo scenario peggiore. Non sarà facile, tanto più che un accordo con la Nato dovrebbe consentire all'organizzazione militare di avere un proprio ufficio di collegamento a Chisinau. La scelta rischia di essere controversa agli occhi di Mosca: «Non è una intesa contro la Russia – afferma Filip –, ma un modo per noi per migliorare le nostre capacità militari».
La sfida del premier appare ardua anche perché nel 2015 uno scandalo bancario ha messo a nudo casi di corruzione e clientelismo, creando grave instabilità politica. Filip è arrivato al potere nel gennaio scorso dopo che il paese è stato scosso da una gravissima crisi politica. Un miliardo di dollari (il 12,5% del Pil) è sparito da tre banche, rubato da un establishment senza scrupoli. Il premier si è dato tre obiettivi: portare i responsabili davanti alla giustizia, recuperare il denaro, mettere a punto una nuova legislazione per evitare casi simili, nel tentativo anche di raccogliere intorno a sé una solida maggioranza europeista.
«La percezione è che il mio Paese sia stato perso dall’Ovest e sia alla deriva verso Est»