Ue all’attacco sulle emissioni
Aperta una procedura contro i Paesi troppo «teneri» con i produttori di auto
Apoco più di un anno dallo scoppio dello scandalo Volkswagen, la Commissione europea ha annunciato ieri di avere aperto una procedura di infrazione contro la Germania e altri sei Paesi dell’Unione. L’esecutivo comunitario rimprovera loro di non avere adottato sanzioni per le case automobilistiche che violano la legislazione sulle emissioni delle macchine o di non avere applicato le stesse sanzioni quando la legge è stata effettivamente violata.
«Rispettare la legge – ha detto in un comunicato la commissaria all’Industria Elzbieta Bienkowska – è la prima delle regole di una casa automobilistica. Ma spetta alle autorità nazionali verificare che la legge sia rispettata. Per il futuro la Commissione europea ha presentato misure per aumentare la vigilanza europea in questo campo e rendere il meccanismo di approvazione più robusto. Ci aspettiamo che il Parlamento e il Consiglio trovino un accordo rapidamente».
Alla Repubblica Ceca, alla Lituania e alla Grecia, la Commissione rimprovera di non avere adottato un meccanismo sanzionatorio nel caso di violazione della legge. L’esecutivo comunitario accusa invece la Germania, il Lussemburgo, la Spagna e il Regno Unito di non avere applicato le sanzioni previste dalla legislazione. Questi Paesi sono quelli che hanno omologato veicoli Volkswagen, dotati di software illegale per limitare le emissioni al momento dei test.
Inoltre, la Commissione considera che la Germania e la Gran Bretagna hanno violato la legge quando si sono rifiutate di inviare a Bruxelles le informazioni raccolte nell’indagine relativa all’emissione irregolare di ossido di azoto (NOx) da parte dei veicoli Volkswagen circolanti sul loro territorio. Con l’iniziativa di ieri, la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora, il primo stadio della procedura di infrazione. I Paesi hanno due mesi per rispondere alla richiesta di informazioni.
La decisione sorprenderà alcuni osservatori, convinti che la Commissione non avrebbe mai aperto una procedura di infrazione contro Berlino in un ambito così delicato. In realtà, Bruxelles non ha potuto che applicare le regole comunitarie, anche per le pressioni in tal senso del Parlamento europeo. Per tutta risposta il ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt ha sottolineato come la Germania sia «l’unico paese ad avere preparato una lista di misure per prevenire l’uso di dispositivi illegali».
Lo scandalo ha creato tensioni nazionali, in particolare tra autorità tedesche e autorità italiane. Qualche mese fa, la Germania ha accusato Fiat Chrysler di truccare le auto diesel, come Volkswagen. Le autorità italiane hanno smentito. La Commissione ha ospitato in queste settimane riunioni tra i due Paesi. Il suo ruolo è di mediatore, non di arbitro. Nel frattempo, Bruxelles sta anche cercando di organizzare gli interessi degli acquirenti di auto Volkswagen che vogliono ottenere un risarcimento.
Lo scandalo Volkswagen è scoppiato nel settembre dell’anno scorso quando le autorità americane hanno scoperto che la società usava uno speciale software per limitare le emissioni nocive al momento del test di omologazione. Si calcola che 11 milioni di automobili siano dotate di questo dispositivo, di cui 8,5 milioni in Europa. A differenza che in Europa, i consumatori americani sono stati rapidi a chiedere un indennizzo, per un totale di 15 miliardi di dollari.
Intanto, Parlamento e Consiglio stanno discutendo una proposta di riforma del sistema di omologazione delle automobili in Europa. Oggi la messa su strada per l’intero mercato unico avviene sotto la responsabilità dei singoli Paesi. La Commissione vuole darsi il potere di sospendere, escludere o multare i servizi tecnici che non rispettano le regole europee, così come anche le case automobilistiche che violano le regole, fino a 30mila euro per auto (in Germania, l’attuale sanzione può salire fino a 5mila euro per auto).