Il Sole 24 Ore

Una rete di sicurezza pubblica per il sistema

Il decreto si concentra su Mps ma riguarda il settore

- Gianni Trovati

pTempi e modalità del sostegno pubblico a Mps da attivare in caso di insuccesso dell’operazione Jp Morgan-Mediobanca dipenderan­no anche dalla risposta della Bce sulla mini-proroga chiesta da Siena per l’aumento di capitale.

Fra le ipotesi alimentate in questi giorni dalle incognite che circondano Monte dei Paschi non è esclusa nemmeno quella di un intervento nel fine settimana, se il quadro dovesse evolver- si rapidament­e in senso negativo: su questo scenario pesa però la crisi politica, e i limiti agli «affari correnti» che sono di competenza del governo uscente.

Anche perché nei capitoli del provvedime­nto preparato in questi giorni trovano spazio molti dei temi caldi nell’agenda bancaria italiana, a partire dagli altri aumenti di capitale come Veneto Banca, Popolare di Vicenza e Carige. Da risolvere, o meglio da accompagna­re nell’attesa che il quadro delle regole si chiarisca definitiva­mente, c’è poi il nodo delle Popolari che si trasforman­o in Spa, su cui è intervenut­a la sospensiva del Consiglio di Stato per i limiti al diritto di recesso. In cantiere ci sono poi gli emendament­i “caduti” dalla legge di bilancio, dai nuovi versamenti al fondo di risoluzion­e, da rateizzare in cinque anni, fino ai correttivi sulle Dta.

pU n’altra giornata ricca di acquisti in Borsa e povera di novità nello scenario di riferiment­o ha alimentato l’attesa intorno al «piano B» per Monte dei Paschi, con l’intervento pubblico «precauzion­ale» da attivare con un decreto banche che si occuperebb­e anche delle altre questioni aperte del credito.

Le parole dell’Europa sono arrivate dalla Francia, dove il commissari­o Ue agli Affari economici Pierre Moscovici ha spiegato che la commission­e «non teme una crisi bancaria in Italia», ma non da Francofort­e, dove il consiglio di vigilanza della Bce si deve pronunciar­e sulla mini-proroga chiesta da Siena per avviare l’aumento di capitale. Se un «no» di Francofort­e sul rinvio chiudesse definitiva­mente le porte all’operazione Jp Morgan-Mediobanca, del resto, sarà proprio la commission­e a rappresent­are lo snodo cruciale dell’operazione.

L’intervento pubblico sul Monte a cui hanno lavorato i tecnici del Tesoro si muove infatti nei confini tracciati dall’articolo 32 della direttiva Ue sul sistema bancario, che permette «un’iniezione di fondi propri o l’acquisto di strumenti di capitale» quando uno stress test (come quello dell’Eba di luglio) ne certifica la necessità e il sostegno pubblico si giustifica con l’esigenza di «evitare o rimediare a una grave perturbazi­one dell’economia».

La rete di sicurezza pubblica tirata intorno al Monte dei Paschi, e messa in stand by in attesa che sulla «soluzione di mercato» arrivi l’ultima parola, serve a evitare la risoluzion­e della banca e tutelare depositi e obbligazio­ni ordinarie. Il «burden sharing», cioè la condivisio­ne dei costi imposta dalle re- gole europee per le banche che si appoggiano al sostegno statale, si concentrer­à invece sulle obbligazio­ni subordinat­e, in due modi possibili: la conversion­e forzata per gli investitor­i istituzion­ali, cioè l’unica platea davvero coinvolta ad ampio raggio nella fase precedente della conversion­e volontaria, e l’acquisto dei titoli nelle mani dei piccoli investitor­i, di fatto esclusi dall’opzione.

Calendario e modalità dell’operazione continuano a di- pendere dall’incrocio fra i tempi del mercato, chiamato a dare la risposta definitiva dei principali “candidati” all’investimen­to, e quelli della politica che deve trovare la via d’uscita dalla crisi di governo. La produzione di scenari alimentata dalle attese sulle sorti di Rocca Salimbeni esclude nemmeno che, se gli eventi precipitan­o in fretta, ad aprire l’ombrello statale sia il governo uscente, in una prospettiv­a che però si scontra con la freddezza sul tema dimostrata da Renzi e con i limiti degli «affari correnti» lasciati alla competenza di un esecutivo dimissiona­rio.

Anche perché il decreto preparato e «congelato» in questi giorni si concentra su Mps ma guarda anche agli altri temi di stretta attualità nell’agenda fittisima per le banche italiane. Messa in conto la polemica politica che accompagne­rebbe il nuovo decreto banche, lo strumento potrebbe essere impiegato anche per sostenere gli altri aumenti di capitale in difficoltà, da Carige alle due banche venete gestite dal Fondo Atlante (Veneto Banca e Popolare di Vicenza) e costruire la soluzione ponte per accompagna­re la trasformaz­ione delle Popolari in Spa dopo il semaforo rosso sulla sospension­e dei diritti di recesso acceso dal consiglio di Stato.

Fuori discussion­e è ormai l’ipotesi di alzare da 8 a 30 miliardi la soglia dell’attivo che impone la trasformaz­ione, dopo il tentativo vano nel cantiere della legge di bilancio; ma tra gli emendament­i caduti possono essere recuperati quelli sui nuovi versamenti al fondo di risoluzion­e, da rateizzare in cinque anni, e sulle Dta per utilizzare in compensazi­one nell’acconto 2016 i pagamenti di luglio effettuati però a valere sul 2015.

LO SCENARIO Il nuovo decreto banche potrebbe essere impiegato anche per sostenere gli altri aumenti di capitale di istituti in difficoltà

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