Una rete di sicurezza pubblica per il sistema
Il decreto si concentra su Mps ma riguarda il settore
pTempi e modalità del sostegno pubblico a Mps da attivare in caso di insuccesso dell’operazione Jp Morgan-Mediobanca dipenderanno anche dalla risposta della Bce sulla mini-proroga chiesta da Siena per l’aumento di capitale.
Fra le ipotesi alimentate in questi giorni dalle incognite che circondano Monte dei Paschi non è esclusa nemmeno quella di un intervento nel fine settimana, se il quadro dovesse evolver- si rapidamente in senso negativo: su questo scenario pesa però la crisi politica, e i limiti agli «affari correnti» che sono di competenza del governo uscente.
Anche perché nei capitoli del provvedimento preparato in questi giorni trovano spazio molti dei temi caldi nell’agenda bancaria italiana, a partire dagli altri aumenti di capitale come Veneto Banca, Popolare di Vicenza e Carige. Da risolvere, o meglio da accompagnare nell’attesa che il quadro delle regole si chiarisca definitivamente, c’è poi il nodo delle Popolari che si trasformano in Spa, su cui è intervenuta la sospensiva del Consiglio di Stato per i limiti al diritto di recesso. In cantiere ci sono poi gli emendamenti “caduti” dalla legge di bilancio, dai nuovi versamenti al fondo di risoluzione, da rateizzare in cinque anni, fino ai correttivi sulle Dta.
pU n’altra giornata ricca di acquisti in Borsa e povera di novità nello scenario di riferimento ha alimentato l’attesa intorno al «piano B» per Monte dei Paschi, con l’intervento pubblico «precauzionale» da attivare con un decreto banche che si occuperebbe anche delle altre questioni aperte del credito.
Le parole dell’Europa sono arrivate dalla Francia, dove il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici ha spiegato che la commissione «non teme una crisi bancaria in Italia», ma non da Francoforte, dove il consiglio di vigilanza della Bce si deve pronunciare sulla mini-proroga chiesta da Siena per avviare l’aumento di capitale. Se un «no» di Francoforte sul rinvio chiudesse definitivamente le porte all’operazione Jp Morgan-Mediobanca, del resto, sarà proprio la commissione a rappresentare lo snodo cruciale dell’operazione.
L’intervento pubblico sul Monte a cui hanno lavorato i tecnici del Tesoro si muove infatti nei confini tracciati dall’articolo 32 della direttiva Ue sul sistema bancario, che permette «un’iniezione di fondi propri o l’acquisto di strumenti di capitale» quando uno stress test (come quello dell’Eba di luglio) ne certifica la necessità e il sostegno pubblico si giustifica con l’esigenza di «evitare o rimediare a una grave perturbazione dell’economia».
La rete di sicurezza pubblica tirata intorno al Monte dei Paschi, e messa in stand by in attesa che sulla «soluzione di mercato» arrivi l’ultima parola, serve a evitare la risoluzione della banca e tutelare depositi e obbligazioni ordinarie. Il «burden sharing», cioè la condivisione dei costi imposta dalle re- gole europee per le banche che si appoggiano al sostegno statale, si concentrerà invece sulle obbligazioni subordinate, in due modi possibili: la conversione forzata per gli investitori istituzionali, cioè l’unica platea davvero coinvolta ad ampio raggio nella fase precedente della conversione volontaria, e l’acquisto dei titoli nelle mani dei piccoli investitori, di fatto esclusi dall’opzione.
Calendario e modalità dell’operazione continuano a di- pendere dall’incrocio fra i tempi del mercato, chiamato a dare la risposta definitiva dei principali “candidati” all’investimento, e quelli della politica che deve trovare la via d’uscita dalla crisi di governo. La produzione di scenari alimentata dalle attese sulle sorti di Rocca Salimbeni esclude nemmeno che, se gli eventi precipitano in fretta, ad aprire l’ombrello statale sia il governo uscente, in una prospettiva che però si scontra con la freddezza sul tema dimostrata da Renzi e con i limiti degli «affari correnti» lasciati alla competenza di un esecutivo dimissionario.
Anche perché il decreto preparato e «congelato» in questi giorni si concentra su Mps ma guarda anche agli altri temi di stretta attualità nell’agenda fittisima per le banche italiane. Messa in conto la polemica politica che accompagnerebbe il nuovo decreto banche, lo strumento potrebbe essere impiegato anche per sostenere gli altri aumenti di capitale in difficoltà, da Carige alle due banche venete gestite dal Fondo Atlante (Veneto Banca e Popolare di Vicenza) e costruire la soluzione ponte per accompagnare la trasformazione delle Popolari in Spa dopo il semaforo rosso sulla sospensione dei diritti di recesso acceso dal consiglio di Stato.
Fuori discussione è ormai l’ipotesi di alzare da 8 a 30 miliardi la soglia dell’attivo che impone la trasformazione, dopo il tentativo vano nel cantiere della legge di bilancio; ma tra gli emendamenti caduti possono essere recuperati quelli sui nuovi versamenti al fondo di risoluzione, da rateizzare in cinque anni, e sulle Dta per utilizzare in compensazione nell’acconto 2016 i pagamenti di luglio effettuati però a valere sul 2015.
LO SCENARIO Il nuovo decreto banche potrebbe essere impiegato anche per sostenere gli altri aumenti di capitale di istituti in difficoltà