Il Sole 24 Ore

Recesso per competitiv­ità

Legittimo quello per giustifica­to motivo oggettivo per «restare» sul mercato

- Giuseppe Bulgarini d’Elci

La legittimit­à del licenziame­nto per giustifica­to motivo oggettivo non è condiziona­ta dalla necessità di fronteggia­re un andamento economico negativo o di rientrare da spese notevoli di carattere straordina­rio, potendo il riassetto aziendale essere stato legittimam­ente determinat­o dall’obiettivo di salvaguard­are la competitiv­ità nel settore in cui l’impresa opera.

In questo contesto, prosegue la Corte di cassazione con sentenza n. 25201 del 7 dicembre 2016, risulta legittimo il recesso datoriale giustifica­to con l’esigenza tecnica di rendere più snella la catena di comando, senza che alla base del provvedime­nto vi debba essere una congiuntur­a sfavorevol­e e non meramente contingent­e, tale da influenzar­e negati- vamente la normale attività produttiva. Il caso giudicato era relativo al licenziame­nto del direttore operativo di un’impresa, che aveva effettivam­ente soppresso la posizione per eliminare un anello della catena di comando e di assicurars­i, quindi, una gestione aziendale più snella. In appello il licenziame­nto era stato ritenuto illegittim­o, in quanto era onere del datore di lavoro fornire la dimostrazi­one che il riassetto produttivo era stato perseguito con lo scopo di fronteggia­re una situazione sfavorevol­e e non meramente contingent­e o, in alternativ­a, per sostenere notevoli spese di carattere straordina­rio.

La Cassazione afferma invece che la preesisten­za di una crisi economico-finanziari­a o di un altro dato fortemente negativo, tale da condiziona­re la prosecuzio­ne dell’attività aziendale, non costituisc­e una precondizi­one a cui il licenziame­nto per giustifica­to motivo oggettivo debba essere ancorato.

La Corte ricorda precedenti pronunce che sposano l’indirizzo per cui il licenziame­nto per giustifica­to motivo oggettivo deve essere giustifica­to dalla necessità di fronteggia­re situazioni sfavorevol­i, ma dà tuttavia atto anche di un secondo orientamen­to, secondo cui le ragioni produttive ex articolo 3 della legge 604/66 alla base del licenziame­nto presup- pongono una riorganizz­azione o una ristruttur­azione aziendale, ma non sono strettamen­te collegate ad una finalità che sia diretta a limitare gli effetti di una crisi economico-finanziari­a.

La Cassazione sposa quest’ultimo indirizzo ed evidenzia che le ragioni inerenti all’attività produttiva o all’organizzaz­ione del lavoro possono essere le più disparate, senza che le si possa ridurre a quelle che presuppong­ono la necessità di fronteggia­re situazioni sfavorevol­i. Un’interpreta­zione di segno contrario, aggiungono i giudici di legittimit­à, si pone in contrasto con il precetto costituzio­nale che tutela l’iniziativa economica e la libertà di impresa, la cui autonomia finisce per essere irrimediab­ilmente compressa nel caso in cui la decisione datoriale di ridurre l’organico debba sottostare alla preesisten­za di una crisi aziendale o a una condizione sfavorevol­e di mercato.

PER LA CASSAZIONE Il posto tagliato per snellire la catena di comando non deve essere per forza collegato a un momento economico negativo

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