Per la rendita mensile temporanea si può bussare al «secondo pilastro»
La Rita (la rendita integrativa temporanea anticipata), prevista dalla legge di Bilancio 2017, rappresenta la soluzione classica alle problematiche generate dal forte innalzamento dei requisiti pensionistici introdotto dalla riforma Fornero del 2011. Classica nel senso che i fondi pensione (il secondo pilastro del nostro sistema previdenziale), per natura, si fanno carico delle prestazioni che non possono essere adeguatamente garantite dai programmi pubblici (dal primo pilastro). La nuova disposizione infatti stabilisce che in forma sperimentale, così come previsto per l’Ape (l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica), dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2018, i lavoratori possano ricevere dal fondo pensione di appartenenza, escluso quelli a prestazione definita, l’erogazione di una rendita temporanea decorrente dal momento dell’accettazione della richiesta fino al raggiungimento dei requisiti per l’accesso alle prestazioni dall’Inps. La Rita può essere erogata nei confronti dei lavoratori che abbiano maturato gli stessi requisiti richiesti per ricevere l’Ape (e cioè tutti coloro che abbiano almeno 63 anni di età, almeno 20 anni di anzianità contributiva presso l’Inps e che maturino il diritto a una pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi). Il possesso dei requisiti, in analogia rispetto a quanto stabilito per l’Ape, dovrà risultare certificato dall’Inps. La prestazione consisterà nell’erogazione frazionata del montante accumulato, che potrà essere riscosso dal lavoratore in tutto o in parte a seconda delle decisioni intraprese. La tassazione della Rita seguirà nella sostanza la normale imposizione fiscale, peraltro vantaggiosa, stabilita per tutte le prestazioni erogate dai fondi pensione al pensionamento. Dipende cioè dalla lunghezza del periodo di iscrizione, con un massimo del 15% sino a 15 anni. Successivamente ridotta di uno 0,3% all’anno, sino a un minimo del 9% dal trentacinquesimo anno di iscrizione in poi. Alla Rita potranno accedere anche i lavoratori dipendenti pubblici che però riceveranno le indennità di fine rapporto previste (Tfr e Tfa) non alla cessazione dal servizio, ma nel momento in cui ne avrebbero maturato il diritto alla corresponsione sulla base dell’attuale normativa.
Purtroppo la sensazione è che non saranno molti i lavoratori che avranno la possibilità di accedere alla Rita ricevendo una prestazione adeguata. Le posizioni maturate dai singoli iscritti infatti non risultano essere particolarmente consistenti. Molte volte i contributi, anche a causa del contesto economico non semplice, non sono stati versati in via continuativa. Frequentemente sono state poi richieste anticipazioni delle prestazioni maturate. In diversi contesti, in particolare tra le aziende medio piccole, la partecipazione ai fondi pensione non è stata sicuramente incentivata e solo il 25% dei lavoratori a oggi risulta essere iscritto ad una forma pensionistica complementare. Per questo, assieme alle disposizioni sulla Rita, appare importante, in linea peraltro con gli accordi già raggiunti con le organizzazioni sindacali, l’introduzione di una serie di misure - come la conversione del premio di produttività in contributi alla previdenza complementare - che incentivino in concreto la partecipazione ai fondi pensione e che sviluppino effettivamente nel nostro paese questa così importante forma di risparmio.