Il Sole 24 Ore

Prepension­amenti possibili solo in aziende medio-grandi

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La legge di bilancio per il 2017 con l’Ape aziendale arricchisc­e gli strumenti di gestione dell’esodo collettivo di un’ulteriore modalità per operare il “ricambio generazion­ale”. In particolar­e, un confronto diretto andrà operato rispetto al prepension­amento

fideiussor­io introdotto quattro anni fa con l’articolo 4 della legge 92/2012 e utilizzato da grandi realtà imprendito­riali.

Il prepension­amento si rivela più rigido e costoso rispetto al “fratello minore” Ape: la procedura dell’articolo 4 della riforma Fornero è riservata ai soli datori di lavoro con più di 15 dipendenti, presuppone un accordo sindacale preventivo e la cessazione dal rapporto di lavoro prima dell’erogazione della cosiddetta isopension­e, pagata dal datore di lavoro e liquidata materialme­nte dall’Inps. La platea di riferiment­o è costituita dai dipendenti cui manchino non più di quattro anni alla pensione. L’Ape aziendale è invece un accordo fra dipendente e datore di lavoro liberament­e formulabil­e, senza requisiti di un organico aziendale minimo e senza necessità di alcun intervento delle rappresent­anze sindacali; salvo ulteriori precisazio­ni nel futuro dpcm attuativo, l’Ape aziendale non detta il timing della cessazione del rapporto di lavoro. Sul piano dei costi, l’articolo 4 della riforma Fornero impone al datore di lavoro di sostenere l’onere dell ’isopension­e (calcolata al momento della cessazione del rapporto di lavoro), della contribuzi­one figurativa (basata come per la Naspi sulla media dell’ultimo quadrienni­o retributiv­o) e della fideiussio­ne comprensiv­a del costo complessiv­o maggiorato del 15 per cento. L’Ape aziendale sarà dunque molto meno costoso, visto che la sua quantifica­zione minima è pari al solo costo della contribuzi­one, calcolata però sull’ultimo anno di retribuzio­ne imponibile. In questo senso, garantirà quasi sempre un incremento della pensione più significat­ivo rispetto a quello del prepension­amento, vista la tendenza crescente delle retribuzio­ni nel tempo. Il prepension­amento rimane tuttavia più ad ampio raggio, in quanto anticipa la pensione di massimo quattro anni, contro i tre anni e sette mesi dell’Ape aziendale; inoltre il primo consente anche l’accesso alla pensione anticipata, mentre l’Ape permette al dipendente di essere traghettat­o verso la sola pensione di vecchiaia. Il datore, nel caso dell’Ape aziendale, sosterrà un costo modulabile (a seconda dell’accordo stretto con il dipendente), senza impegno di polizze fideiussor­ie, in unica soluzione nel mese successivo la decorrenza dell'anticipo pensionist­ico. Rispetto agli strumenti più recentemen­te introdotti (il part time agevolato e la staffetta generazion­e dei contratti di solidariet­à espansiva, entrambi connotati da bassissime adesioni nel 2016), l’Ape aziendale si presenta come forma autogestit­a dell’esodo estremamen­te flessibile con costi contenuti, libera dalla necessità di garantire nuove assunzioni, di sottoscriv­ere accordi sindacali o di mantenere parzialmen­te in servizio il dipendente (come nel caso del part-time della legge 208/2015, che ha registrato finora meno di 400 adesioni).

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