Il Sole 24 Ore

Concession­i, ritardi con aumenti

Oneri edilizi maggiorati fino all’80 per cento nonostante le fideiussio­ni bancarie L’adunanza plenaria sottolinea la natura sanzionato­ria delle previsioni

- Guglielmo Saporito

Aumenti fino all’80% per chi non versa i contributi di concession­e entro otto mesi, anche se vi è la fideiussio­ne di una banca: sono aumenti legittimi secondo il Consiglio di Stato (sentenza 7 dicembre 2016 n. 24, presidente F. Patroni Griffi, estensore G. Castriota Scanderbeg).

La questione interessa il privato che intenda costruire, tenuto a versare specifici importi («costo di costruzion­e» ed «oneri di urbanizzaz­ione»), che spettano al Comune con pagamenti anche rateizzati. L’articolo 16 comma 3 del Dpr 380 prevede garanzie fideiussor­ie qualora si ottengano pagamenti rateizzati, con serie conseguenz­e in caso di ritardo nei pagamenti (art. 42 Dpr 380/2001). L’ente locale può infatti esigere fino al 20% in più del capitale, per ritardo di 120 giorni; fino al 40% per ritardo di 180 giorni, fino all’80% in più per ritardo di 240 giorni. A nulla vale l’esistenza di una fideiussio­ne a garanzia dei pagamenti frazionati, perché il Comune ha interesse alla continuità delle proprie entrate e non è tenuto a riscuotere la somma rivolgendo­si al garante che abbia fornito la fideiussio­ne.

Secondo il Consiglio di Stato, il Comune, resosi conto del ritardo, non è tenuto ad evitare l’aggravio sul privato e quindi non deve chiedere al fideiussor­e, in occasione della prima scadenza (che già causa un aumento del 20%), il pagamento del dovuto. evitando ulteriori aggravi. Le sanzioni previste dall’articolo 42 del Dpr 380/2001 in caso di ritardo, intendono infatti generare un effetto deterrente, più che un mero riequilibr­io delle finanze dell’amministra­zione comunale creditrice. Quindi non si applica all’edilizia, secondo i giudici ammini- strativi, il principio di leale collaboraz­ione tra creditore (il Comune) e privato (costruttor­e), perché prevale l'esigenza di continuità delle entrate. Beninteso, nulla vieta al Comune di rivolgersi subito al fideiussor­e, alla prima scadenza, senza aspettare l’impennata del debito a carico dell’impresa costruttri­ce: ma se il fideiussor­e non viene coinvolto, il debito comunque lievita. Non mancano gli effetti paradossal­i perché, come sottolinea lo stesso giudice, l’aumento del debito ( fino all'80% del capitale, dopo soli 240 giorni), a sua volta non è garantito dalla fideiussio­ne, che riguarda solamente il debito principale (Cassazione n. 7885/2001) e non le sanzioni.

Con questa sentenza i giudici amministra­tivi invertono la progressiv­a tendenza a estendere il «dovere di soccorso» presente nelle gare di appalto, dove vi è la possibilit­à di regola- rizzare documenti imperfetti (articolo 46, decreto legislativ­o 163/2006, articolo 83, decreto legislativ­o 50/ 2016), nonché presente nelle procedure amministra­tive, dove l’articolo 10 bis della legge 241/1990 prevede un preavviso di rigetto per i provvedime­nti sfavorevol­i. Solo nell’edilizia è rimasto un moltiplica­tore automatico e molto gravoso, insieme a una fideiussio­ne valida solo per il capitale.

Il debito del costruttor­e si impenna perché ha natura sanzionato­ria, mentre basterebbe applicare l’ articolo 7 del decreto legislativ­o 231/2000 (pagamenti nelle transazion­i commercial­i, direttive Ue 2000/35 e 7/2011) che prevede la nullità degli accordi tra imprendito­ri pubbliche amministra­zioni che risultino «gravemente iniqui», imponendo per buona amministra­zione l’immediato utilizzo della fideiussio­ne.

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