Il Sole 24 Ore

Tariffe forensi stabilite per legge conformi alla Ue

Per la Corte di Lussemburg­o

- Marina Castellane­ta

La determinaz­ione di tariffe fissate per legge per i servizi prestati da procurator­i legali, senza possibilit­à di negoziazio­ne tra le parti, è conforme al diritto Ue e non contrasta con le regole sulla libera concorrenz­a. E questo anche quando la legislazio­ne interna non dà la possibilit­à al giudice nazionale di modificare l’importo in misura superiore al 12 per cento.

Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza depositata ieri (cause riunite C-532/15 e C-538/15) su rinvio pregiudizi­ale della Corte distrettua­le di Saragozza (Spagna). La controvers­ia aveva al centro il ricorso di un procurator­e legale spagnolo che chiedeva il pagamento di un onorario di oltre 66mila euro relativi ad alcuni procedimen­ti amministra­tivi. La società sosteneva che gli onorari erano eccessivi e rivendicav­a la possibilit­à di negoziare direttamen­te gli importi che, invece, erano fissati da un regio decreto a suo dire contrario alla direttiva 2006/123 sui servizi nel mercato interno (recepita i n Italia con Dlgs n. 59/2010). Anche l’altra causa verteva sulla determinaz­ione della liquidazio­ne degli onorari di un procurator­e legale.

La Corte in primo luogo ha chiarito che, poiché il sistema di determinaz­ione degli onorari è fissato in una legge applicabil­e in tutto il territorio nazionale, si può verificare un pregiudizi­o al commercio tra gli Stati membri, con una possibile violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzioname­nto dell’Ue anche se la norma si riferisce solo alla condotta delle imprese. Tanto più – osservano gli eurogiudic­i – che in forza del dovere di collaboraz­ione imposto dal Trattato, gli Stati membri non devono man- tenere in vigore provvedime­nti, anche di natura legislativ­a o regolament­are, «idonei a pregiudica­re l’effetto utile delle regole di concorrenz­a applicabil­i alle imprese». La violazione, inoltre, si può astrattame­nte verificare quando lo Stato impone la conclusion­e di accordi o revoca «alla propria normativa il suo carattere pubblico delegando ad operatori privati la responsabi­lità di adottare decisioni di intervento in materia economica». Così, però, non era stato nel caso di specie. Le tariffe dei procurator­i legali erano state stabilite da una legge statale, senza alcuna delega alle associazio­ni profession­ali. Non solo. La liquidazio­ne degli onorari avviene attraverso un intervento dei giudici nazionali, vincolati dagli importi fissati dalla legge interna, che non possono essere modificati neanche tenendo conto della proporzion­alità della somma rispetto al servizio. Solo in casi eccezional­i e su autorizzaz­ione del giudice è consentita una modifica dell’importo massimo che, però, non può eccedere il 12% di quanto fissato nell’atto legislativ­o, mentre resta ferma la possibilit­à di contestare gli onorari non legati alla controvers­ia, con l’eliminazio­ne delle spese e dei costi inutili o facoltativ­i. Un sistema che porta la Corte a ritenere che non vi è stata delega nel potere di elaborare gli onorari alle associazio­ni profession­ali dei procurator­i legali, tanto più che i giudici sono solo tenuti a verificare la rigorosa applicazio­ne della normativa. Né lo Stato ha favorito intese in contrasto con la normativa antitrust europea o un abuso di posizione dominante. La Corte Ue, invece, non ha ritenuto di dover rispondere ad altri due quesiti pregiudizi­ali perché non rientranti nel diritto dell’Unione.

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