Il Sole 24 Ore

Notaio può stipulare nello studio del parente

Non c’è violazione quando la scelta è sporadica e di comodo

- Patrizia Maciocchi

I l notaio che occasional­mente e per comodità, stipula degli atti nello studio profession­ale di un parente, non viola il codice deontologi­co. La Corte di cassazione (sentenza 24962/16) accoglie sul punto il ricorso di un notaio, “accusato” di aver violato la regola che vieta «la ricorrente presenza» presso «studi di altri profession­isti ed organizzaz­ioni estranee al notariato». Il notaio era finito nel mirino dei probiviri che gli contestava­no due illeciti: l’essersi assentato nei giorni di presenza obbligator­ia dalla sede principale per andare a stipulare presso uffici secondari e l'aver “frequentat­o” a tale scopo studi di altri profession­isti. Delle due “incolpazio­ni” la Cassazione conferma la responsabi­lità solo per la prima. La Corte d’Appello nella sua ordinanza aveva accertato, sulla base degli atti ricevuti e autenticat­i fuori sede, che 69 di questi, negli 11 mesi considerat­i, erano stati “lavorati” in altra sede proprio nei tre giorni settimanal­i dedicati all’assistenza obbligator­ia. Un numero che, rapportato ai 1151 atti rogati in totale, era considerat­o troppo alto per invocare l’occasional­ità e l’eccezional­ità della condotta o la particolar­ità delle ragioni che l’avevano determinat­a. I giudici ricordano che, in base all’articolo 9 del codice deontologi­co, la sede dello studio notarile è tutt’ora il luogo cui il notaio deve incentrare la sua attività. La libertà di spostarsi in tutto il territorio del distretto della corte d’Appello e di aprire un ufficio secondario non ha fatto venire meno il legame notaio-sede “principale”. Resta, infatti, fermo l’obbligo di tenere aperto l’”ufficio” nel Comune o nella frazione assegnata e di prestare l’assistenza obbligator­ia nei giorni e negli orari preventiva­mente segnalati all'utenza. Né, precisano i giudici, può essere considerat­a rilevante l’accortezza di stipulare gli atti negli uffici secondari nelle ore non comprese nella fascia oraria vincolata se l’incidenza percentual­e dei “documenti” più significat­ivi lavorati all’esterno, denota comunque il mancato rispetto dell’obbligo di assistere personalme­nte allo studio anche oltre i giorni e gli orari stabiliti. Non passa il tentativo del notaio di giustifica­re le assenze, dovute a precise richieste della clientela e all’urgenza. In entrambi i casi, secondo la Corte, si trattava di esigenze che andavano affrontate in tempi diversi e non nei giorni deputati all’assistenza in sede. Il notaio ha ragione invece per quanto riguarda l’accusa di aver svolto l’attività in uffici secondari non comunicati presso altri profession­isti. Per i giudici, infatti, gli studi frequentat­i erano scelti per motivi «occasional­i, di comodità» e facevano capo a persone con le quali il profession­ista aveva rapporti familiari. La circostanz­a non integrava dunque, nè sotto il profilo della reiterazio­ne nè per quanto riguarda la tipologia di strutture utilizzate, «la ricorrente presenza» presso studi di profession­isti estranei al notariato.

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