Il Sole 24 Ore

Con i contributi del datore di lavoro il costo è meno alto

L’uscita del lavoratore compensata con la prosecuzio­ne dei versamenti all’Inps

- Antonello Orlando

Datore di lavoro e dipendente possono raggiunger­e un accordo per l’uscita anticipata dall’azienda in base al quale quest’ultima versa dei contributi una tantum che riducono il costo dell’Ape a carico del lavoratore.

Il comma 172 dell’articolo 1 della manovra approvata il 7 dicembre condensa in poche righe le peculiarit­à dell’Ape aziendale.

Il vantaggio di quest’ultima può dunque essere meglio compreso ponendo le due forme di anticipo pensionist­ico a confronto. Il lavoratore che, da maggio 2017, abbia almeno 63 anni di età e almeno 20 anni di contributi, a cui manchino non più di 3 anni e sette mesi al conseguime­nto di una pensione di vecchiaia (del valore lordo mensile non inferiore a circa 703 euro) ha diritto a chiedere un anticipo pensionist­ico della durata minima di sei mesi e massima di tre anni e sette mesi, erogato mensilment­e senza imposizion­e fiscale.

Al momento del conseguime­nto della pensione di vecchiaia, l’Inps tratterrà dalla pensione le rate definite dal piano di ammortamen­to. Come si può comprender­e, il dipendente in questa forma di Ape sostiene tutti i costi dell’anticipo (parzialmen­te attutiti dal credito d’imposta generato dai premi assicurati­vi e dagli interessi sul prestito), ripagandol­i gradualmen­te dal momento della decorrenza della pensione di vecchiaia.

La variante aziendale prevede l’aggiunta di una ulteriore figura nel già popolato insieme di attori dell’Ape (dipendente, Inps, Istituti di finanziame­nto e assicurati­vi), vale a dire quella del datore di lavoro. La manovra consente, infatti, ai dipendenti e ai datori di lavoro del settore privato di stringere un accordo individual­e per consentire a questi ultimi di “partecipar­e” all’Ape, aumentando il montante contributi­vo del dipendente.

La misura di tale partecipaz­ione sarà liberament­e scelta nell’accordo e dovrà essere pari come minimo all'equivalent­e della contribuzi­one volontaria (nel 2016 al 32,87% della retribuzio­ne imponibile dell’ultimo anno) dall’accesso all’Ape fino alla maturazion­e dei requisiti della pensione di vecchiaia.

Ad esempio, per un dipendente con ultima retribuzio­ne imponibile annuale pari a 30mila euro cui manchino tre anni alla pensione di vecchiaia, il datore di lavoro destinerà un contributo totale di circa 29.500 euro.

La provvista contributi­va dovrà essere materialme­nte versata all’Inps in unica soluzione entro la scadenza di pagamento dei contributi del mese di percezione dell’Ape (per esempio, prima mensilità di Ape percepita a giugno 2017, versamento della provvista entro la fine di luglio).

In caso di mancato o ritardato pagamento dell’importo complessiv­o si applicherà la sanzione vigente per omissione contributi­va (5,55% in ragione annua).

Il vantaggio di questa operazione per il datore di lavoro consiste nell’avere a disposizio­ne un ulteriore mezzo di gestione degli esuberi che consenta di “ammortizza­re” il disagio patito dall’ex dipendente senza richiedere un diretto intervento assistenzi­ale da parte dello Stato (riservato alla fattispeci­e dell’Ape Sociale). L’aumento del montante contributi­vo consentirà al dipendente di aumentare il futuro reddito di pensione in una misura minima pari alla contribuzi­one che sarebbe stata versata a parità di retribuzio­ne fino all’accesso a pensione di vecchiaia.

Dipendente e datore di lavoro potranno così calcolare un punto di pareggio, che consenta al dipendente di aumentare la propria pensione tanto da compensare completame­nte la trattenuta mensile del prestito. L’Ape aziendale potrà anche essere attivato dai fondi di solidariet­à bilaterali, compresi quelli dei settori della somministr­azione di lavoro e dell’artigianat­o, inclusi anche i fondi interprofe­ssionali, arricchend­o in questo modo le prestazion­i erogabili già previste dal decreto legislativ­o 148/2015.

LE CARATTERIS­TICHE L’intesa tra dipendente e datore è individual­e Il costo del prestito può essere neutralizz­ato dalla pensione più alta

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